In un recente intervento pubblico, la frizzante Carol Rama ha dichiarato di non gradire il termine “retrospettiva”, “perché si fanno per i morti e io sono ancora viva!”. Aldilà dell’umorismo macabro e provocatorio della straordinaria artista torinese, ciò che non convince nella personale di Fabio Viale (Cuneo, 1975. Vive a Torino) è proprio il sapore retrospettivo, che non si addice a un artista che certo lavora alacremente da anni, ma che ha solo trent’anni e un progetto tutto in divenire. Cioè in pieno svolgimento, e questo è senza dubbio un pregio. Il risultato è dunque, almeno dal punto di vista dell’allestimento curato dallo stesso artista, piuttosto claustrofobico, di taglio più fieristico che espositivo. Pur avendo a disposizione uno spazio con ampi locali su due piani e una metratura complessiva nient’affatto modesta.
L’esempio più palese per chiarire questo discorso è l’installazione Aerei (2004), presentata l’anno scorso a Placentia Arte. L’effetto era sorprendente, con la motiplicazione ad infinitum dei leggiadri semiaerei sulla parete specchiante, tanto lievi quanto più si conoscesse il materiale nel quale erano scolpiti, il marmo. Nell’allestimento alla Gas, proprio l’interazione fra leggerezza e grevità si stempera, in una sala dove sono presenti troppe opere.
Al piano superiore, un discorso simile vale per il mastodontico Palloncino Aerospaziale (2003). Se l’immenso cordame ha un sicuro impatto visivo, in questo caso l’aspetto pleonastico risiede nella moltiplicazione di elementi “reality”, con telegiornali e prime pagine che simulano la risonanza dell’evento. E ancora, il sublime sogno di una barca in marmo che galleggia sull’acqua (Ahgalla, 2002) viene presentato con la scultura e un video delle performance. Ma era necessario inserire anche la notizia trasmessa dal Tg2?
È una critica amara per chi segue da tempo e con grande interesse il lavoro di Viale. Il quale persegue con tenacia e infinita passione il proprio fare artistico. Proprio per questa ragione, la (meritata) gioia di una personale in uno spazio assai noto ha preso il sopravvento sulla consapevolezza che ha sempre contraddistinto la sua attitudine. E se qualcuno ha parlato di una sorta di manierismo che rischia di inficiare il lavoro, resta il fatto che la strada da percorrere è fortunatamente ancora molta e ogni rischio potrà essere agilmente evitato. Perché le potenzialità ci sono, eccome, e lo dimostrano alcuni pezzi che purtroppo sono annegati nel tripudio retrospettivo.
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