Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) inizia a dipingere nella seconda metĂ degli anni â50, avviato sin dallâadolescenza alla pratica del restauro dal padre, pittore e restauratore. Dal 1958 prende avvio â
il lavoro di ricerca su quello che sta dietro di meâ, afferma Pistoletto figlio. â
Tutto il mio lavoro consisteva nel riempire il vuoto che stava dietro la mia figura che dipingevo in grandezza naturale. Avevo sempre uno specchio a lato dove mi guardavo per rappresentare la mia persona sulla tela. Istintivamente ho cercato di riprodurre lo specchio sulla telaâ.
Quale sia lâimportanza della superficie specchiante nella ricerca dellâartista, è parte della storia dellâarte contemporanea: essa attiva la quarta dimensione, rendendo sostanziale la dialettica di realtĂ e apparenza, allâinterno di una complessa articolazione spazio-temporale. Sovrapponendo la pittura allo specchio, si crea â
un oggetto figurativo che consente di approfondire ulteriormente lâindagine allâinterno della vitaâ.
La mostra, proposta nello spazio della galleria che da sempre segue lâiter di lavoro dellâartista biellese,
è interamente giocata sulla dialettica padre-figlio, che diventa anche un confronto di media espressivi, con richiami profondi, volti ad annullare la distanza dello spazio e del tempo, come mostrano i lavori la cui datazione abbraccia un ampio arco temporale. Lââaggiornamentoâ dei contenuti è calato allâinterno di una metodica la cui attualitĂ appare assoluta quarantâanni dopo.
Lâazzeramento delle distanze è evidente nellâopera che reca lo stesso titolo dellâintera mostra (
Ettore e Michelangelo i coetanei), collocata nellâingresso, quale introduzione: si tratta delle immagini fotografiche del padre e del figlio, accostate contiguamente sulla parete, ritratti alla stessa etĂ (che corrisponde a quella attuale del figlio). Il gioco allusivo continua in tutte le sale quale leitmotiv del percorso.
Nello spazio centrale, due nature morte dipinte dal padre, realizzate nella prima metĂ degli anni â70, caratterizzate, come tutte quelle in mostra, da una ridondanza iperrealista di oggetti, dialogano con due quadri specchianti, lâuno con bottiglia e lâaltro con un cavalletto, simbolo della pittura, messa in discussione dallâArte Povera negli assunti di fondo. Si prosegue, in questo rimbalzo di riferimenti, tra nature morte di stampo classico e nature morte contemporanee, una delle quali ha per oggetto il computer, simbolo per eccellenza dellâera tecnologica, e con quadri specchianti nei quali figure femminili, in una postura assorta, paiono racchiudere un messaggio segreto.
Lâeffetto della mostra è di grande forza percettiva, in quanto invita lo spettatore a entrare in un mondo dove â
lâarte è il nostro geneâ, dove tutto viene rimesso continuamente in discussione per trasformare e ricreare, senza forzature aprioristiche.
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