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fino al 30.V.2010 | Le avanguardie dell’Astrattismo | Vercelli, Arca

di - 12 Maggio 2010

Sempre all’avanguardia, zio e nipote. In sintonia, in
competizione, e poi l’un contro l’altra armati. Stesso cognome, stesso fiuto e
stessa smania per l’arte, purché fosse quella più “ante” e “anti”. La storia
dell’arte del secolo breve passa inevitabilmente attraverso di loro: Solomon e
Peggy Guggenheim, stelle di una dinastia che tutt’oggi continua a “spargere” le
sue collezioni per il mondo. Stavolta tocca ancora a Vercelli e alla sua Arca,
dal 2007 candidate quali “terza via” piemontese al contemporaneo, raccontare
due raccolte dissimili per intenti e impronta, ma ricche di punti di contatto.
Una mostra che, pur vincolata da uno spazio che non lascia
“respirare” adeguatamente tutte le opere (un Calder troppo sacrificato, ad esempio),
e nonostante la cronologia accelerata, riesce a sviluppare un itinerario
complessivamente organico, preoccupandosi più di seguire una linea evolutiva
tra scuole e correnti del Novecento che di lasciar emergere le figure dei due
Guggenheim. Protagonisti sì, ma sullo sfondo, ciascuno con un proprio approccio
al collezionismo, specchio di visioni, caratteri e milieu differenti (per la cui
ricostruzione si rimanda all’istruttiva e scorrevole lettura dei saggi in
catalogo).
Peggy con i piedi in due staffe o, per usare un’immagine
da lei stessa creata, con due orecchini differenti ai lobi: da un lato uno di
Calder, dall’altro uno di Tanguy, tanto per simboleggiare i suoi amori – Astrattismo e
Surrealismo – e la sua anima divisa in due, pure geograficamente: dalla galleria
di Londra a quella newyorchese, dallo Spring Salon for Young Artists (dove a un certo punto sbuca Pollock) al Palazzo Venier dei Leoni, con
Parmeggiani, Santomaso, Bacci e soprattutto Vedova, il cui Scontro di situazioni fa da spettacolare epilogo all’esposizione.

Più ortodosso Solomon col suo Museum of Non-Objective
Painting, coltivato – mentore Hilla Rebay – in modo decisamente più organico e radicale rispetto alla Art of
This Century dell’eclettica nipote, a lode e gloria del suo mecenate e della
nazione, determinante per l’evoluzione della pittura americana, e pazienza se
qualche volta la critica gridò allo scandalo.
Un impatto che il tempo non ha attutito, e che la rassegna
ripercorre ab ovo
spingendosi fino all’Informale, ponendo sapientemente l’accento su un elemento
forte come il colore. La forma si va disgregando, sfaccettando, azzerando,
riducendo a pura geometria, fino a esplodere di nuovo: questa, molto
sinteticamente, la lezione di un cammino che parte da Cézanne, Seurat e i cubisti, travolge con Delaunay, per convergere sul primo
traguardo, quello di un Kandinsky parimenti adorato da zio e nipote, ma casus belli di un contrasto che li avrebbe
allontanati per trent’anni (legato all’acquisto di una tela). Altro grande
amore condiviso, quello per Mondrian, in compagnia di van Doesburg, seguito via via da Dubuffet, Appel, Jorn

Una carrellata rapida e densa, insomma. Si dirà: in fondo,
niente di nuovo. Obiezione respinta. Mostre così servono: per un salutare
ripasso, ma soprattutto per chi non ha avuto e difficilmente avrà l’opportunità
di osservare dal vivo queste opere capitali. Cioè la maggior parte del
cosiddetto “pubblico pagante”.

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anita pepe
mostra visitata il 7
marzo 2010


dal 19 febbraio al
30 maggio 2010

Peggy
e Solomon Guggenheim. Le avanguardie dell’Astrattismo

a cura di
Luca Massimo Barbero
Arca – Chiesa di San Marco
Piazza San Marco, 1 (centro storico) – 13100 Vercelli
Orario: da lunedì a venerdì ore 14-19; sabato e domenica ore 10-20 (la
biglietteria chiude mezz’ora prima)
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6
Catalogo Giunti
Info: tel. +39 0161596333; fax +39 0161596335;
arcamostre@comune.vercelli.it; www.guggenheimvercelli.it

[exibart]


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