Un microscopio abbandonato in un angolo. E la sua riproduzione fotografica, appesa alla parete poco più in là. Alcuni oggetti –di natura scientifica ma anche del quotidiano– disseminati sui ripiani di un candido scaffale. Le loro fotografie allineate ordinatamente su delle mensole. Brevi disegni in sequenza che mostrano una bambina appena accennata –la figlia dell’artista– alle prese con gli strumenti tipici del piccolo chimico. E la sua immagine stampata, che la ritrae nitidamente nella medesima posa. Indizi, prove, segni tangibili di un percorso fatto di rimandi concettuali e ossessive ripetizioni di gesti. Come nel gioco degli specchi, tutto si riflette innescando un processo autogenerativo, dove il tema di fondo –l’acqua– diventa un modo per dare “corpo” e sostanza al senso della scoperta, qui sempre invocata e sempre evocata sotto le forme dell’analisi scientifica e i modi della leggerezza infantile.
Forme e modi che si esprimono utilizzando mezzi diversi -installazione, disegno, fotografia– per sfociare, come affluenti di uno stesso fiume, nelle acque del video H2O. Un soggetto ibrido che si configura come la naturale prosecuzione e realizzazione dei tanti input ricevuti, permettendogli letteralmente di scorrere sotto l’aspetto di immagini in movimento. In un rincorrersi di segni grafici che, animandosi e trasformandosi in foto e poi in frammenti di realtà, ottiene lo scopo di rappresentare visivamente un procedimento che fino a quel momento era rimasto solo mentale. E nello stesso tempo di rendere visibile il flusso incessante dell’acqua che per Elena Arzuffi è “elemento fondamentale nella nostra esistenza che assume diverse forme”, proprio come diversi sono i media che lei stessa utilizza.
Per catturare impulsi, accumulare energie, solleticare una percezione che trova la sua completa descrizione nel linguaggio video. La sintesi visiva che più le corrisponde, dopo una laurea in semiologia del colore al DAMS di Bologna, una specializzazione in tecnologie digitali e l’insegnamento di computer grafica e animazione digitale all’Istituto Europeo di Design di Milano. Con eleganza e delicatezza Arzuffi disegna condizioni esistenziali e situazioni affettive, offrendo scenari di lirico intimismo. Che fanno scrivere a Elena Volpato nel testo critico: “Tutto in questi suoi lavori sembra vivere di una medesima temperatura emotiva, raffreddata ma priva di durezza”. Dove il fascino per la cura formale si mescola al sentimento della scoperta. Come quello di scoprire un mondo intero racchiuso in un bicchier d’acqua.
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claudia giraud
mostra visitata il 29 settembre 2005
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