Claudio Isgrò è un fotografo italiano il cui lavoro è oggi quasi più noto all’estero, soprattutto in territorio francese dove ha partecipato a diverse esposizioni collettive e personali. Tra queste è in previsione una sua partecipazione al prossimo Mois off di Parigi. E’ anche uno dei quattro organizzatori dello Spazio Fine a Torino: uno spazio espositivo no profit con puri intenti culturali, che ha inoltre ospitato e curato una serie d’incontri e conferenze dedicate al mondo dell’immagine fotografica.
I lavori di Claudio Isgrò sono incentrati sui temi della memoria, del ricordo, dell’elaborazione profonda e produttiva delle esperienze passate che lasciano nell’anima tracce indelebili. La fotografia diventa per lui il mezzo artistico ed espressivo per elaborare intimamente vissuti ed emozioni, catturando quelle tracce in momenti unici e particolari e riportandole sapientemente dalla dimensione privata a quella estetica e pubblica. L’arte diventa così una sorta di terapia dell’anima, ma anche e soprattutto l’invito al confronto, alla comunicazione e al ripensamento creativo di vissuti, cose e situazioni che passa necessariamente attraverso il rapporto con le altre persone. E’ la messa in gioco sociale della propria intimità, con le sue luci e le sue ombre fisiche e metaforiche, alla ricerca di una corrispondenza profonda e produttiva.
I lavori in mostra sono autoritratti di piccole dimensioni, appesi al muro o immersi nell’acqua, da spiare nella stanza lasciata buia con una piccola lampadina. La luce diretta verso i lavori ne lascia emergere disegni mutevoli, che prendono una forma diversa, quasi tridimensionale, al variare della direzione della luce o del riflesso dell’acqua.
Ma è anche una sorta di metafora fisica della tensione tra luce e ombra, vissuto profondo e segreto e sua manifestazione, chiarezza delle intenzioni e oscurità del desiderio e della volontà inconscia. Il mito di Narciso è così riportato qui a una dimensione esistenziale struggente, che lascia intuire insieme l’impossibilità sofferta e l’improrogabile urgenza di uscire dalla prigione del sé per rivolgersi verso l’altro e mostrarsi come si è.
Maria Cristina Strati
Mostra visitata il 15 marzo 2002
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