Il decennio 1959-1969 è caratterizzato, per Torino come
per tutto il paese, dal miracolo economico e da tutte le contraddizioni che
sono implicate dalle nuove coordinate sociali e dall’ipersviluppo tecnologico.
I contrasti epocali inducono sempre un’intensa attività sperimentale, che nasce
dal bisogno di un confronto con situazioni e materiali tratti dal quotidiano.
La Torino di quegli anni è, in questo senso, una fucina:
non solo inizio e crescita di quel fenomeno debordante che è stato l’Arte
Povera ma, più in generale, di un pluralismo di linguaggi, anche teatrale (si
pensi al ruolo del Living Theatre), che si fonda anche su fattivi confronti
internazionali. La scena artistica è dunque contrassegnata da artisti molto
differenti per matrice culturale, tuttavia animati dalla stessa volontà di
agire e dialogare, ed è grande l’energia profusa dalle gallerie private e della
Gam al fine di rendere le nuove proposte condivisibili.
La mostra
Torino sperimentale 1959-1969. Una storia
della cronaca. Il sistema delle arti come avanguardia è incentrata su questa complessa
problematica, che chiede allo spettatore una partecipazione a tutto campo. I 22
dipinti proposti sono una sorta di “introduzione” a un contesto culturale più
ampio, ricostruito con scrupolosa precisione scientifica. Tutti i documenti,
alcuni appesi alle pareti, altri custoditi in teche, disposti in modo da poter
essere opportunamente esaminati, risultano fondamentali per addentrarsi tra le
pieghe di un tessuto culturale vivo e stimolante, in modo da individuarne le
linee portanti.
Le sei sezioni della mostra si offrono a un percorso
diacronico, a partire dalle
Polarità: Felice Casorati e Giulio Paolini, fine e inizio di due
modi di fare arte che hanno segnato la storia, attraverso
Apolidi ed
Eccentrici (
Carol
Rama e Pinot
Gallizio),
L’incontro di Torino,
la Città dei Grandi eventi,
il Museo sperimentale, fino alle
Nuove identità, con artisti quali
Alighiero
Boetti, Giorgio
Griffa,
Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, volti alla ricerca di nuove ibridazioni
linguistiche.
Lo spettatore è invitato a non tralasciare nulla dei
materiali proposti. Sarà possibile, in questo modo, ricordare gallerie quali Il
Punto, La Bussola, Viotti, Notizie; verificare l’intensa attività espositiva della
Gam e del Laboratorio Sperimentale di Alba, e, dunque, la ricerca di
Pinot
Gallizio. Mentre
ci si confronta con capolavori come l’
Autoritratto (1959) di
Felice Casorati,
Kerlaz (1964) di
Georges Mathieu,
Bianco giallo arancio rosso
con sgabello cromato (1968) di
Aldo Mondino, il
Gruppo di segni verticali (1968) di
Giorgio Griffa,
Pane alfabeto (1969) di
Giuseppe Penone, per citare solo alcuni dei
lavori proposti, tutti ugualmente importanti.
Così ci si addentra in un crogiuolo di intuizioni felici,
che hanno consegnato Torino a una dimensione di primo piano sulla scena
internazionale.