Dal confronto con il più inquieto e turbolento vicino di casa, il Canada esce spesso come una landa pacifica e serena, dove è bello vivere. Eppure, la provincia canadese non deve essere molto diversa da quella americana, lacerata da ansie sottocutanee e contraddizioni di ogni genere. Il tutto ben nascosto da una facciata di stucchevole perbenismo.
Così, non c’è da stupirsi se di fronte alle opere di Steven Shearer, canadese di New Westminster, il pensiero corre spontaneamente al recente Elephant di Gus Van Sant. La strage di Columbine non potrebbe trovare emblema più efficace di quei coloratissimi casotti per gli attrezzi che pompano musica metal, tappezzati all’interno di manifesti e ritratti (Metal Recital, 2003). Shearer, che il metal lo ama e che di manifesti
I ‘ritratti’ di Shearer si sviluppano spesso per accumulo, per elencazione collezionistica: ecco gli Archive Works, lavori che nascono dall’esplorazione della rete, il luogo pubblico di messa in scena del privato. L’artista può concentrarsi su una singola personalità, come nell’archivio dedicato a Leif Garret che faceva bella mostra di sé nel Group Show inaugurale, o in quello consacrato alla vicenda dei Black Sabbath (Metal Archive #2,
Un discorso a parte meritano i Poster, che tappezzano il pavimento del piccolo spazio che la galleria ha conservato in Via Mazzini, visibili dalla strada: riproduzioni su carta colorata delle pagine delle fanzine autoprodotte degli anni Settanta, i poster diventano le tessere di una riflessione su una generazione cui il presente, nel bene e nel male, deve molto, ma anche documentazione affezionata di un’estetica raffazzonata ma geniale. Che si stende su quell’epoca come la patina giallastra sulle vecchie fotografie.
domenico quaranta
mostra visitata il 12 novembre 2003
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