…nella ricostruzione di un altro capitolo dell’onnivoro collezionismo mediceo, rendono la complessità e la raffinatezza estrema della civiltà islamica, che ha saputo esprimersi in manufatti d’incomparabile bellezza.
“Saliti che furono, videro una città di cui mai gli occhi avevano visto una più grande: alti palazzi, superbi edifici a cupola, case ben costruite, fiumi correnti, alberi pieni di frutti maturi” (Le mille e una notte)
I pregi della mostra, allestita alla Sala Bianca di Palazzo Pitti, risiedono nel numero di oggetti limitato- sono un centinaio- che ne rende la visita concentrata, e nell’esposizione tematica, che permette di avvicinarsi ai diversi aspetti della civiltà e alle diverse tecniche, capaci di aprire una finestra su un’ area geografica vastissima, che si estende dall’Egitto mamelucco all’India. Si svela dunque l’interesse della città nei confronti dell’arte islamica durante i secoli.
L’immagine di un mondo favoloso e magico era quella diffusa dalla letteratura, dai racconti di mercanti e viaggiatori che fin dal XV secolo avevano stretti rapporti con il vicino e medio Oriente. Sulle basi, e sulle rotte, di questi traffici commerciali giunsero a Firenze i primi oggetti d’uso, come i tappeti che appaiono già in dipinti rinascimentali qualificandosi immediatamente come simboli di ricchezza e potere. Della stessa epoca alcuni astrolabi ci ricordano l’apporto dato dal mondo arabo agli studi di matematica e astronomia, senza dimenticare quanto la stessa elaborazione della prospettiva debba agli ottici arabi.
Bisogna attendere il tempo del Granduca Cosimo I e tutto il Seicento per vedere come le collezioni granducali incrementino – tra bottini di guerra e oculati acquisti- le loro raccolte islamiche. Già dal 1587 la loro presenza nella Tribuna degli Uffizi e nell’armeria medicea definisce un nuovo interesse politico e antropologico. L’esposizione valorizzava inoltre la cultura islamica dal punto di vista del raffinato magistero tecnico: sorprende il lusso dei materiali dagli avori intagliati con lotte di animali, draghi di smalto e argento, scatole in tartaruga, madreperle e cristalli di rocca.
Una sala dedicata alle armi e alle arti della guerra oggettiva al di là una differenza sostanziale nei modi e nell’immaginario, la mitizzazione della figura dell’arciere ad esempio, quel contrasto con gli oppositori della cristianità che ci accompagna anche oggi e che carica la mostra di ulteriori aspirazioni civili, sollecitando quel rispetto che solo la conoscenza ci può dare.
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silvia bonacini
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