L’ora un po’ tarda e l’aria afosa del pomeriggio portano a guardarsi intorno un tantino scettici e circostanziati. I manifesti che indicano la mostra di Patrizio Travagli ci sono, ma il loro colore non aiuta per una chiara identificazione. E poi tutto sa di aule universitarie, odora di libri, di studenti accaldati. Sbirciamo nelle stanze semivuote dove alcuni ragazzi discutono animatamente, forse abbiamo sbagliato luogo. Ma tutto fa parte del gioco, ciò che appare non è, e ciò che è si trasforma; così la Specola non è solo un edificio universitario, è anche lo splendido palazzo che accoglie cortili colonnati, verdi giardini ed ora, per volere del direttore Marco Vannini anche una nuova stagione di mostre d’arte contemporanea.
Ci avviamo così verso i piani alti, sede del Museo Zoologico , dove si svolge la personale di Travagli, artista ma anche un po’ scienziato nel senso di sperimentatore e senz’altro molto legato al mondo della trasformazione.
Il Museo lo rappresenta , ricorda le sue prime impressioni e meraviglie di bambino in visita. E si percepisce nel fascino che su di lui emana ancora questo luogo. Nonostante ciò non è stato facile creare opere e installarle in un contesto così difficile e così ben connotato. Ci sono voluti mesi di studio e preparazione per realizzare una mostra che funzionasse, dove ogni opera rivelasse approfondimento e professionalità.
Tutte le sale sono state messe a sua disposizione e solo una mappa aiuta a scoprire le opere che in buona parte si mimetizzano volutamente. Un sentimento di affinità lega le opere al luogo che, se da una parte contrastano l’esistente, dall’altra ne esaltano l’interesse. Le Metamorfosi sono forme in ceramica smaltata antropomorfoidi dal colore rosa tiepido che richiamano carne irrorata e la trasformazione dello sviluppo. Poste fra i Primati si autoesaltano e creano un interessante sinergia con gli animali esposti. Sempre la Trasformazione guida l’artista nell’opera costituita da una
Patrizio Travagli ha ripreso il processo di ossidazione catalizzata che alcune sostanze compiono sotto i nostri occhi su una base di rame ed il mutamento è inesorabile, lento ma allo stesso tempo ben percepibile ed accompagnato da un suono gutturale inquietante ed incombente. E’ la voce dell’artista che si rende parte integrante della anamorfosi.
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daniela cresti
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