L’Italia, come si offriva allo sguardo dei viaggiatori europei dell’800, una volta varcate le Alpi, era una sorta di giardino storico. Stili antichi e arcaici si confondevano, sovrapponendosi, senza perdere niente in autenticità. Gli uomini e le donne che popolavano il “bel paese”, ieri certamente più di oggi, discendevano direttamente dai gaudenti medievali. Dietro il riso e l’ubriachezza c’era lo scintillio della falce… In tutta la penisola fatalismo e edonismo ellenici si combinavano con il misticismo dei chiostri e il fervore dei pulpiti. A questa complessità antropologica faceva da sfondo una scenografia ineguagliabile, altrettanto ricca di richiami ed evocazioni. Un secolo fa, in misura maggiore rispetto ad oggi, le vicende storiche potevano essere lette attraverso le stratificazioni nel paesaggio urbano e naturale. Con una sensibilità che purtroppo manca alla maggior parte dei “turisti” a noi contemporanei, i viaggiatori del XIX secolo sapevano legare al godimento della visione quello della conoscenza e della citazione letteraria.
Risulta, quindi, perfettamente naturale il desiderio di riprodurre visivamente la fonte di tanta emozione. Intorno al 1860 le rappresentazioni fotografiche sostituirono, quasi interamente, le incisioni e gli acquerelli. La nascita del collezionismo di fotografie di paesaggio fece la fortuna commerciale di intere schiere di fotografi. Tra questi emerge sicuramente Robert MacPherson, che oggi è considerato il sommo tra i fotografi paesaggisti.
Diverse sue opere sono presenti nell’esposizione di Palazzo Vecchio accanto alle realizzazioni di pionieri della fotografia italiani (Brogi, Naya, Molins) e stranieri (Lotze, Sommer, Anderson). Si tratta quasi sempre di stampe all’albumina, poche altre sono su carta salata, tutte provenienti dagli archivi Alinari.
L’allestimento alla Sala d’Arme costituisce uno sfondo perfetto per l’esposizione delle fotografie. Il colore dei pannelli, le cornici, l’illuminazione (a tratti forse insufficiente), restituiscono un’atmosfera un po’ retro, british quel tanto che basta, ideale per il godimento della mostra.
Il catalogo, edito da Alinari in collaborazione con Federico Motta Editore, riunisce tutte le fotografie presenti in mostra. Il volume è arricchito dal contributo di Diego Mormorio, critico e storico della fotografia.
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mostra interessante anche se un pò troppo celebrativa. Alinari sempre di qualità ma quanto sono "spocchiosi"!!!!!!!
Ciao
bellissima mostra!
e che bello l'allestimento!!!