Dal novembre del 2002 a Vicchio è attiva quella che Gianni Caverni sull’Unità ha definito una scheggia di New York nel Mugello. È la galleria Kore, coraggiosamente diretta da Rossella Tesi. In una ex distilleria, a due passi dalla ferrovia, sono stati ricavati tre ambienti (due al piano terra e uno al primo piano), e un quarto forse è in arrivo. All’interno un po’ di aria uptown si respira davvero, sarà per lo spazio, sarà per l’arredamento, sarà perché da due anni la programmazione della galleria è di alto livello, del tutto pionieristica nel quadro generale della zona (si ricordano, a titolo di esempio, la presenza di Vered Gamliel e Matthew Broussard e le collettive dedicate ad artisti emergenti toscani).
In mostra, attualmente, ci sono tre giovani artisti, tutti e tre reduci dall’esperienza di stage con installazione ambientale finale presso il Giardino di Daniel Spoerri, a Seggiano, nel 2003. Si tratta di un piccolo radar sulle tendenze della nuova generazione di artisti che si avvicinano alla tela, o alla tavola, informati dei trascorsi storici (il che non è affatto scontato) e bene attenti alle sollecitazioni dell’era contemporanea
Federico Gori applica smalti dai colori accesi su grandi stampe fotgrafiche che ritraggono paesaggi boschivi. Sulla scena, placidamente naturale ma senza dubbio letta attraverso un’estetica contemporanea (per lo più le foto sono virate in tonalità acide o sovraesposte), l’artista traccia rotte inaspettate. Il segno compone nello spazio una serie di schermi che alludono ad una possibilità di interpretazione del mondo sensibile diversa rispetto a quelli normalmente condivisi; non è un caso forse, che i disegni ricordino la grafica di certa arte “esotica”, in particolare la pittura aborigena contemporanea.
Il lavoro di Manuela Menici, un po’ ammiccante, un po’ alla francese, sfrutta tutte le suggestioni di un mondo femminile, colori, lingerie e merletti. Il fascino delle sue tele è tutto nella freschezza, nella scioltezza della composizione che che deriva da una pratica rodata e personalissima, nonostante l’età.
Gerardo Paoletti pratica una forma di astrattismo geometrico che mutua il segno e i cromatismi direttamente dal mondo tecnologico. Le campiture regolari sono solcate da segnali di interferenza. Così il colore e le composizioni digitali si integrano in un esito che tanto si nutre di “bella pittura”.
pietro gaglianò
mostra vista il 10.VI.2004
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