Il mito, il mito nelle sue variabili, nelle sue filiazioni, nel suo divenire nella storia dell’arte, nell’intrecciarsi di tradizioni iconografiche e di percorsi filologici. Ecco con encomiabile chiarezza cosa ci offre la mostra in corso fino al 23 settembre presso il Museo Leonardiano di Vinci. Curata da Gigetta Dalli Regoli, Romano Nanni e Antonio Natali, strutturata in quattro sezioni, muove dall’antico e le sue diverse tipologie per guidarci, dopo un breve excursus nelle rappresentazioni pre-rinascimentali, all’esame dei due prototipi leonardeschi e di quello michelangiolesco.
Leda, figlia di Thestios re dell’Etolia, sposa Tindareo re di Sparta. Il mito originario la vede semplice causa attiva dell’apertura dell’uovo frutto dell’unione di Nemesi e Zeus, uovo da cui sarebbe nata Elena e secondo altre versioni anche i Dioscuri e Clitemnestra. Più tardi, presumibilmente con Euripide, la versione più conosciuta del mito, dove Zeus sotto le sembianze di cigno si congiunge direttamente con Leda che, in seguito a quest’unione, partorisce uno o più uova da cui sarebbero nati Elena e Polluce e anche, per alcuni, Clitemnestra e Castore. E’ questa la rappresentazione che più incontriamo nel mondo greco e romano ed è la forma del mito che, attraverso la circolazione della tradizione ovidiana, giunge sino al Medioevo che, tramite le sue moralizzazioni, si preoccupa di renderlo compatibile con la morale cristiana trasformandolo, secondo le parole dei curatori della mostra, da mito, cioè manifestazione di una religione attiva, a figura allegorica.E così vediamo Umanesimo e Rinascimento conoscere essenzialmente la sfera allegorico-simbolica, utilizzando la rappresentazione o come elemento meramente decorativo (i commentari del Landino a Dante e Orazio) o nell’ambito dell’allegoria d’amore (i Triumphi del Petrarca, l’Hypnerotomachia Polifili).
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Valeria Ronzani
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