Domenica mattina, Sinagoga Ebraica, un mondo per molti di noi sconosciuto, se non per alcune immagini che riemergono dalla lettura del grande scrittore hiddish Abraham B.Yehoshua. Nella sala esposizioni dell’Istituto Ebraico s’inaugura la mostra del giovane artista Leone Contini Bonacossi. L’atmosfera è decisamente particolare. Nella zona di culto sta per celebrarsi un matrimonio. Pervade un senso di “appartenenza” alla Comunità che coinvolge anche noi, e forse per la prima volta capiamo.
Leone Contini cerca le sue radici che affondano nella cultura ebraica. L’artista si riappropria della sua identità atavica e trasporta sensazioni e personaggi, sfocati come ombre, sulle tele per raccontarne la storia che ormai è divenuta anche la propria. La musica Klezmer di un concerto e la lettura del testo di Angelo Piperno, soprannomi e contorni aprono all’artista il mondo del ghetto di Roma e del suo popolo, lo avvolgono e lo trasportano nelle ombre del remoto passato. Uomini, donne bambini che, come dice Jean-Michel Carasso, curatore della mostra, avevano un soprannome: identità-riflesso per i propri pari, una specie di chiave di lettura in codice per ingannare l’omonimia dilagante.. Nascono così i piccoli quadri, scorci di vita e di lavoro. Barotto, Biancone, Fratelli fabbri, Mucca pericolosa, O Pellirossa. Personaggi senza fisionomia, delineati nella matericità della pittura da silhouette ottenute togliendo strati di acrilico e
Barotto tende la mano di bambino verso il barattolo, appunto “barotto”, dei biscotti appoggiato sul tavolo. Biancone in nero ed oro porta con sé l’intensa storia del “diverso”. Credeva di essere una locomotiva e percorreva le strade del ghetto come se fossero binari, per lui treno, e fischiava e soffiava identificandosi totalmente con l’altro se stesso. Intensi e significativi i gialli e i rossi di Pane e lavoro, detto così perché aveva partecipato ai moti sociali del 1898 per i quali fu arrestato. La serie di dipinti a “tema” comprende anche grandi tele che si ispirano a episodi biblici: Esodo, Passaggio del mar Rosso e al folklore klezmer: Klezmer I, II, III.
L’altra identità di Leone Contini Bonacossi si esprime in una serie libera di piccoli totem esposti alla galleria Immaginaria. Tavolette di legno dipinte a tecnica mista, colorate e deliziose. Anche qui personaggi, questa volta senza particolari storie, non identificati né identificabili, delicati, godibili che esprimono spontaneità e freschezza.
Caratteristiche connaturate e sostanziali nel lavoro del giovane artista.
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leonecontinib.firenze.net
http://www.stradeblu.archiworld.it/
Daniela Cresti
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