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fino al 3.VII.2004 | Rafael Pareja – Li hai visti così lontano | Firenze, Sergio Tossi Arte Contemporanea

di - 14 Giugno 2004

Pittura e disegno digitale sono per Rafael Pareja uno strumento di sintesi emotiva che esplicita i contenuti “sensoriali” dell’incontro con l’opera di altri artisti.
Il lavoro di Pareja definisce il necessario salto verso un utilizzo integrato delle tecnologie che non trova più una giustificazione gratuita nella qualità intrinseca del mezzo elettronico. Valentina Tanni, nel testo in catalogo, individua con chiarezza la logica di un procedimento creativo in cui l’artista sfrutta la precisione e la trasparenza dell’immagine digitale, ma evitando di cedere ad un’ormai troppo diffusa estetica, quella del futuribile, dell’artificiale, del macchinico. Nei quadri di Pareja (venticinque stampe a colori su alluminio o PVC) la tecnologia e l’esito formale sono congiunti organicamente, già complementari sulla soglia dell’atto creativo.
Il gesto artistico, che immaginiamo imposto da un lucido controllo mediato attraverso la precisione appendicolare del mouse, nelle opere esposte acquista una pienezza apertamente pittorica.

Il patrimonio intellettuale cui attinge Pareja per le sue creazioni spazia dalla letteratura al cinema emergendo esplicitamente nei titoli delle singole opere, dettagliati come un’annotazione scientifica. Li hai visti così lontano è una mostra che si visita come un megastore dove accanto al prodotto in vendita (che può essere un libro, un dvd o un cd musicale) viene proposta la parafrasi delle emozioni che questo possiede o può produrre. Lasciandosi alle spalle qualsiasi intenzione narrativa, Pareja riesuma la suggestione cerebrale che l’opera –letteraria, cinematografica, eccetera- ha fatto scaturire nella camera oscura del suo universo sensibile.
Anche negli episodi più descrittivi, come Lynch Series, la rappresentazione nasce da un frammento di memoria che isola la suggestione originaria (impressa filmicamente in un immaginario che si predispone vergine e, in un certo modo, primitivo).
Le altre opere, da My Love I Love (ispirata alle Notti bianche di Dostoevskij) a The Chocolate Spider (da la La Promessa di Dürrenmatt), non alludono nemmeno a questo transfert iniziale ma traducono la registrazione della vibrazione intellettuale direttamente in colori (ricchissimi e densi) e forma. Come avviene in Grossa Grassa Nube Nera, dove la complessità ipertestuale del romanzo di Don DeLillo (il riferimento è a Rumore Bianco) diventa una scalata di toni acidi solcata da fasce nere che si lanciano, dritte come autostrade americane, verso destinazioni ignote.

pietro gaglianò
mostra vista il 29 maggio 2004


fino al 3.VII.2004
Rafael Pareja – Li hai visti così lontano
Firenze, Sergio Tossi Arte Contemporanea
via Pindemonte, 63 (zona Porta Romana), Firenze
mar_ven 15-19, sab 11-13/15-19 o su appuntamento
tel. 055 22 86 163 – fax. 055 23 06 256
tossiarte@katamail.com
catalogo in galleria con testi di Gianluca Marziani e Valentina Tanni


[exibart]

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  • è pur vero che difendere valentina o pietro è sin troppo facile, anche perché la frase mi pare per l'appunto CHIARA. forse ciò che disturba è il fatto che in quel periodo non ci sono parole come "pattern" o "texture". Anzi, addirittura è scritto "macchinico"! Oddio, ma qualcuno parla ancora italiano?!
    suvvia, abbiate ancora un goccio di spirito critico, PLEASE: spesso la lettura dev'essere più lenta della scrittura

  • Arrivano i nostri! Lodevole difesa tra colleghi, bravi. D'altronde i critici sono permalosi, bisogna capirli. Loro giudicano, ma guai a essere giudicati. La frase incriminata è sì chiarissima, ma al limite della banalità insignificante. Come se usare il computer come un quadro ad olio fosse un valore aggiunto. E poi e' ora di finirla di pensare che il critico che scrive un testo in catalogo abbia sempre ragione. Se spara una cazzata bisogna dirglielo. Ne spariamo tutti ogni giorno, che differenza fa. D'altronde il lavoro del critico e' sempre piu' precario, come per i politici, e' meglio tenersi la sedia ben incollata al culo. E poi che c'entra il fatto di non utilizzare termini come "pattern" e "texture"? Sono termini tecnici che se servono vanno utilizzati, infatti non dite mica "performance" o "happening" nell'arte? Fate il piacere...

  • dire che ho sparato cazzate dopo aver letto UNA frase (anzi mezza)del mio testo, mi sembra quantomeno avventato. sul fatto di tenersi stretta la SEDIA mi viene proprio da ridere. ma quale sedia?

  • Che onore! Valentina in persona che mi scrive! Non offenderti, per quanto riguarda le "cazzate" dicevo in generale, il tuo testo e' stato solo un pretesto e quella "mezza" frase non e' una cazzata, e' solo banale. E' stata un'occasione per dire la mia modesta opinione su cosa penso della critica d'arte. A volte meglio un catalogo con sole immagini, come i bambini che guardano solo le figure...
    Complimenti comunque, non e' facile fare critica su lavori digitali, Marziani insegna...
    ciao

  • sì nameless, tanto più quando trovo il rapporto tra le definizioni fuori luogo. dire "estetica" del futuribile è ridicolo ma rende l'idea. dire che non cede all'estetica del macchinico non si capisce se sia un'offesa o meno visto che il macchinico è la vita, il processo della macchina.

  • bah, quanto a sedie mi associo ancora a valentina... comunque non credo che l'obiettivo sia "avere ragione", solo discutere in merito a critiche che possono a loro volta essere criticate. perciò mi limito a dire che se la definizione di macchinico è "la vita della macchina", allora forse dovremo fare un concorso per regalare copie di dizionari.
    consiglerei di dare una sbirciata al primo libro del capitale, per esempio....

  • sì, e leggiti la definizione di "estetica del macchinico" di Andreas Broekmann

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