Dalla serra Roster, illuminata a giorno nella sera estiva fiorentina per la performance naked di Vanessa Beecroft, alle sale ipogee del Museo Salvatore Ferragamo, con le fotografie, le colonne sonore e tutto il patrimonio iconico della cinematografia di Wim Wenders. Il tempo dell’arte, nella settimana di Pitti Immagine, scorre così, tra un vernissage e l’altro.
Off Scene è un tributo all’arte di Wim Wenders, lo abbiamo amato con Paris, Texas (’84) e Il cielo sopra Berlino (’87), ma anche per i film precedenti (valga per tutti Camera 666, del 1982) e quelli che sono seguiti, da Lisbon Story fino alle pellicole più recenti.
La mostra offre un repertorio delle foto scattate sul set di alcuni dei suoi film (da Crimini invisibili a Buena Vista Social Club), che rivelano soprattutto l’occhio e l’estetica di Donata Wenders, moglie del regista e fotografa professionista, autrice di tutti gli scatti in bianco e nero esposti in questa occasione.
Il mondo è quello di Compay Segundo -con una Cuba tanto variopinta quanto malinconica- o quello di Tomtom del Million Dollar Hotel -dove è splendida la visione dell’insegna sul tetto dell’albergo- o Popular prices o l’eterna sigaretta di Milla Jovovich, sempre a tempo di U2.
Ci sono poi le immagini di backstage, quelle che ritraggono il grande Michelangelo Antonioni, con cui Wenders ha diretto nel 1993 Al di là delle nuvole, i set di Portofino, Ferrara, Parigi; ma la maggior parte delle foto esposte porta direttamente nella scena proponendo una visione inedita dei protagonisti e degli ambienti.
Due sezioni, Panoramas e Una volta, espongono invece gli scatti di Wim. Immagini da taccuino (in cui è facile riconoscere le grandi prospettive che rendono uniche le sue pellicole), appunti per una memoria da conservare o per un film ancora da fare, volti dei personaggi che hanno incrociato il suo percorso –da Martin Scorsese ad Akira Kurosawa a Dennis Hopper– e la gente comune, le donne di Mosca, i vecchi cow-boy in Texas e i bambini di Algeri. Poi i panorami, quasi sempre visioni catturate da un auto in fuga lungo sterminate distese del deserto australiano o, più raramente, skyline notturni di New York.
Infine gli Electronic Paintings, immagini manipolate al computer nel 1991 e montate su light-box, alla ricerca di visioni sperimentali del colore e dell’immagine, come nuovi modelli per l’arte e per il cinema.
pietro gaglianò
mostra vista il 24 giugno 2004
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9€ mi pare un po' eccessivo!