Data al 1980 l’ultima restrospettiva dedicata all’opera di Raoul Dal Molin Ferenzona, e ora come allora è la Saletta Gonnelli ad indagare con un’esposizione di circa centocinquanta opere, di cui molte inedite, la difficile produzione di un artista dalla vita sofferta e travagliata. Ferenzona nacque in riva all’Arno nel 1879 e si spense a Milano nel 1946 dopo molto inquieto girovagare per l’Europa; spesso accostato ad Alberto Martini, non ne ha mai condiviso la fortuna critica.
Indagare sul suo mondo simbolico ed esoterico apre uno squarcio su una “Firenze altra”, ben diversa da quella così generalmente conosciuta e celebrata di Soffici e Rosai, “ricca e originale materia che chiede l’apporto non ovvio di interpretazioni letterarie capaci di evocare il clima appartato ma vitale di ambienti pervicacemente ancorati ai miti della bellezza, alle idee negatrici della scienza in nome del sogno, della verità in nome dell’ignoto”, secondo le acute parole di Carlo Sisi a prefazione del catalogo. E bene sintetizza Emanuele Bardazzi, curatore della mostra, nel ricordo della sua personale frequentazione con Ferenzona, quando ci indica “un che di (…) vagamente dilettantesco e naive, senza però approssimazioni” in questo stile minuto e cesellato, che può repentinamente sterzare verso un segno selvaggio, a illustrare un mondo poetico ermetico, criptico e misterico, intriso di intima religiosità, refrattario a sperimentazioni da avanguardia anche quando ne sembra tentato (vedi l’acquaforte Uomini e cavalli del 1927). Ma violenti scarti temporali ci stupiscono se si guarda ad un’opera come Fulvia, un olio del 1933 per la I Mostra dei Sindacati Fascisti di Belle Arti e mai lì esposto per motivi che non è dato conoscere, dove pare digerita e assimilata tutta la successiva esperienza surrealista; e Giuliano Pini conosceva questa pittura di cui sembra diretta filiazione?
La Saletta Gonnelli, legata all’arte di Ferenzona fin dai tempi di Aldo, ci introduce nel mondo celato di un artista certamente eccentrico, ma non per questo meno di valore, e certamente riconosciuto all’intero di una nicchia storicamente trascurata del nostro Novecento; lo fa attraverso gli oli, le tempere, i disegni, la finissima attività incisoria e la produzione letteraria.
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Valeria Ronzani
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