La mostra allestita presso l’Accademia prende le mosse dall’acquisizione della raccolta di strumenti conservati presso il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze per raccontare la storia della musica, e soprattutto dell’amore per la musica, a Firenze: un percorso avvincente che fonde strumenti originali, dipinti di soggetto musicale, strumenti scientifici e una articolata sezione didattica.
Questa combinazione tra Accademia e Musica ha una sua ragione storica dal momento che tra le materie obbligatorie dell’Accademia di Belle Arti figurava, fino all’Ottocento, anche la musica, così come un’educazione musicale era ritenuta patrimonio indispensabile tra le classi agiate.
Si comincia con i Medici, la cui passione collezionistica arrivò ad investire la musica nel 1598, patrocinando la Camerata dei Bardi, da cui muoverà il melodramma italiano. I Medici si distinsero anche come committenti di strumenti “da esposizione” realizzati in materiali insoliti e preziosi, come il salterio in marmo di Cosimo II.
In seguito sotto il Granprincipe Ferdinando arrivano le commissioni prestigiose a Antonio Stradivari – di cui si ammira la viola costruita per il quintetto d’archi mediceo e che è l’unico pezzo del celebre liutaio a non aver subito alterazioni o restauri – e il fortunato incontro veneziano con Bartolomeo Cristofori, a cui è attribuita l’invenzione del fortepiano, diretto antenato del pianoforte. Della passione dei Granduchi medicei per la musica rendono testimonianza anche i dipinti di musici di Domenico Gabbiani e le nature morte con strumenti musicali di Cristoforo Munari che, nel percorso, si affiancano agli strumenti e ne chiariscono l’uso o semplicemente la diffusione negli anni tra Sei e Settecento.
Il passaggio alla dinastia lorenese, e soprattutto con Pietro Leopoldo, cui si deve l’esibizione di Mozart a Firenze nel 1770 e, in generale, un rinnovato interesse per la musica, la scelta degli strumenti è assai più ampia e curiosa: ritornano in auge strumenti medievali come il “serpentone” –con il suono simile a quello di un oboe – e popolari come castagnette e tamburelli, che vengono inseriti nelle orchestre.
Infine, una sala della mostra raccoglie sinteticamente gli strumenti scientifici che dal Seicento in poi tentavano, con approssimazione sempre minore, di dar conto dei fenomeni legati all’acustica e alla musica intesa come scienza dei suoni: dalle cassette matematiche per comporre a macchine per misurare le frequenze sonore ai modelli dell’orecchio umano per arrivare sino in pieno Ottocento. La visita è resa assai agevole dal ricco supporto multimediale che informa sulla storia della collezione e, soprattutto, permette di ascoltare il suono dei singoli strumenti esposti, restituendo, oltre la storia del gusto, il senso di inafferrabile perfezione della musica.
Silvia Bonacini
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