Come si rapporta lo sguardo dello spettatore al dualismo imposto da una barriera in tutto e per tutto simile a quelle degli stadi di calcio, impenetrabile e repellente da una parte, trasparente e attraente dall’altra?
Per la Galleria Fornello Andrea Nacciarriti (Ostra Vetere, An, 1976) ha creato un’installazione site specific di fronte alla porta d’ingresso, impedendo, nel giorno del vernissage, l’accesso alla galleria, che all’interno ospita la mostra di Ettore Sottsass. La barriera, realizzata in vetro e ferro dipinto, su un basamento di cemento, va a chiudere per tutta la larghezza il piccolo piazzale antistante la galleria. Arginando, come negli stadi, la spinta propulsiva dello spettatore, e imponendo una riflessione sullo sguardo e sulla visione che si inserisce anche nella tematica del controllo e della sicurezza che dilaga nel mondo occidentale. Il titolo, Panopticon, (in greco “che fa vedere tutto”) fa infatti riferimento all’edificio progettato alla fine del ‘700 dal filosofo e riformatore sociale inglese Jeremy Bentham, progetto incentrato sul rapporto tra un singolo individuo che guarda, dal suo punto di osservazione privilegiato, e lo spazio osservato. Il Panopticon nasce infatti come carcere di forma semicircolare da cui un solo guardiano poteva controllare tutti i prigionieri. Un concetto inquietante, che spinge ad una considerazione sullo sguardo, latente ma continuativo, che la società contemporanea attua sullo spazio privato di ognuno di noi.
Nel confinare lo spettatore fuori della galleria tramite questa barriera architettonica, di cui è mantenuto, anche grazie all’inserimento della tipica greca sovrastante, l’aspetto aggressivo e repulsivo, Nacciarriti opera un contenimento forzato dello sguardo e del corpo, facendo emergere, di contro, la forza e la propulsione che limiti fisici di questo tipo possono far scaturire, su piani diversi, in ambiti culturali come l’arte e lo sport.
L’artista sembra voler trattenere l’osservatore al di fuori di uno spazio affinché il suo sguardo e la sua iniziativa si intensifichino per entrare laddove il suo corpo non può, allo stesso modo in cui negli stadi di calcio la barriera amplifica l’energia e la spinta in avanti, verso il campo, dei tifosi.
Il tema della spontaneità delle tifoserie e del pubblico del calcio era stato affrontato dall’artista già nel 2005, con l’opera che viene riproposta qui, nel nuovo spazio appena aperto al pubblico sul retro della Galleria Fornello, Connessione [traccia 5], realizzato come lavoro di fine corso del Corso Superiore di Arte Visiva della Fondazione Ratti.
Una foto, suddivisa in tre pannelli, dello stadio Sinigaglia di Como, in cui l’artista è intervenuto inserendo 85 neon a formare una linea luminosa di 110 metri, da una porta all’altra del campo, tagliandolo in senso trasversale e mettendo in comunicazione e in connessione quei luoghi che lui stesso definisce “politici”: le curve. Luoghi che riflettono comportamenti e pulsioni sociali, che si fanno teatro dello sfogo e della spinta energetica spontanea del pubblico dello sport. Una zolla del prato dello stadio sotto una teca di vetro è esposta nello stesso spazio.
Installazioni architettoniche, quelle di Nacciarriti, che trattano l’architettura preesistente come un elemento mutevole, o meglio esposto ad interventi di mutazione, siano essi in senso di semplificazione o in un senso teso a complicare la struttura e le sollecitazioni che essa impone allo sguardo.
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Intervista ad Andrea Nacciarriti
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www.andreanacciarriti.net
chiara sacchini
mostra visitata il 26 maggio 2007
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