Ottantacinque fotografie, una decina di oggetti-scultura, gli allucinanti cortometraggi. Era dal 1995, anno dell’importante mostra organizzata dalla GAM di Torino, che in Italia non si vedeva una completa esposizione dedicata a Man Ray (1890-1976), uno dei maggiori sperimentatori del ventesimo secolo assieme a Duchamp e Picabia, compagni di strada verso la rivoluzione –in chiave ironica- del linguaggio espressivo. La prima cosa che colpisce di questo artista è l’assoluto eclettismo e la volontà di sperimentare nuovi linguaggi e tecniche. A cominciare dagli oggetti-scultura, alcuni veri e propri ready-made -come la serie degli assi da stiro o quella con i pesi da palestra-, altri invece oggetti comuni sui quali l’artista è intervenuto con un’interferenza in chiave surreale. Il metronomo adorno di una fotografia di un occhio, il busto di Venere imprigionato da una corda, gli stessi ferri da stiro dai quali sbucano però fitti e pungenti chiodi.
E poi il cinema, evoluzione in movimento del suo amore per l’immagine fotografica. Le retour à la raison è una breve ed assai intensa trasposizione cinematografica della scrittura automatica surrealista; procedimenti segnati dalla perdita di ogni logicità e da un’epifania di oggetti talora presentati in negativo -chiodi, puntine da disegno, profili di donna- ribaditi pure in altri corti, come L’étolie de mer, Emak-Bakia e Les mysterès du château de dé.
Ma il Man Ray più amato e giustamente rappresentato in mostra è quello in veste di fotografo. Un fotografo, in verità, che rifiuta le regole della fotografia, che non ha mai frequentato alcun corso specifico, che talora rifiuta perfino l’apparecchio fotografico per realizzare con nuove tecniche –rayogramma, solarizzazione, cliché verre– immagini sperimentali non prive di fascino e, soprattutto, di mistero.
Un’anarchia linguistica che non esula però
Molte le fotografie di moda –Man Ray collaborò non a caso con Harper’s Bazar e Vogue-, su tutte quelle della serie Mode au Congo (1937), significative per l’influsso della cultura africana sull’arte surrealista. Molti, moltissimi, anche i nudi e i bellissimi volti femminili, riusciti soprattutto nelle versioni solarizzate e in negativo. Accanto agli autoritratti, tra gli scatti più celebri segnaliamo infine quello che ha come protagonista una Meret Oppenheim nuda ed alle prese con un torchio tipografico…
articoli correlati
Mapplethorpe a Merano
Henry Cartier Bresson, un approfondimento
Dintorni dada a Bologna
duccio dogheria
mostra visitata il 20 luglio 2005
Tra ceramiche e e fantascienza speculativa, proponiamo un itinerario tra le mostre più interessanti da visitare a Miami per iniziare…
Legge di Bilancio 2026, cosa cambia per cultura e turismo, dai nuovi fondi per musei e creatività al Bonus Valore…
Una selezione di lotti speciali e dei rispettivi prezzi di aggiudicazione, dal record milionario di François-Xavier Lalanne alle iconiche lampade…
Dal racconto dei maestri all’esperienza immersiva, fino al teatro come atto politico: il 2025 non ha smesso di interrogare la…
Ultima replica alla Scala per Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Šostakovič: un capolavoro musicale potentissimo che, in questa…
La 18ma edizione della Biennale di Istanbul avrebbe dovuto svolgersi su tre anni ma ha chiuso dopo due mesi, a…