Dice il saggio: Il gioco è bello quando dura poco. Per pochi secondi -giusto la durata del primo colpo d’occhio- l’atrio del museo trentino si trasforma plausibilmente nell’ingresso di un qualsiasi aeroporto.
Antonio Riello riproduce, per l’appunto, i tratti fondamentali che ci fanno riconoscere un aeroporto, sotto forma d’immagini stereotipate; come già aveva fatto con i cartelli di avviso del pericolo (caution), in stile Jurassic Park (testo nero su fondo giallo), la scorsa estate nel parco archeologico di Segesta.
Così lo spettatore cade nell’inganno a causa della presenza di coordinate linguistiche che caratterizzano il non-luogo per eccellenza.
Subito, l’insegna con la scritta più ovvia, aeroporto, ma non solo; le due aperture laterali si trasformano grazie al potere della parola nell’ingresso partenze e in quello arrivi.
Anche se ciò che attesta la credibilità di questo divertente ready-made, sono i particolari, o per meglio dire, la cura per il particolare. Stuzzicano la curiosità, oltre il primo impatto depistante, i carrelli per il trasporto delle valigie in un angolo – con tanto di addetto che li ripone -, e il MartShuttle, vero e proprio mezzo di trasporto per il viaggio.
La sinestesia dell’installazione poi, non lascia più alcun dubbio. Il rumore scattoso e ripetitivo del cartellone degli avvisi, oltre a richiamare l’attenzione sugli orari, i ritardi e le uscite, suggestiona l’udito udito confermando il dato visivo. Non è finita. Degli altoparlanti riproducono la voce delle annunciatrici che solitamente, in versione bilingue, scandiscono, come se fosse una filastrocca, l’orario, l’uscita, e il codice del volo. Ed ancora un proiettore riproduce la rifrazione della luce, dei fari degli aeromobili sulle vetrate degli aeroporti “veri”. Il gioco concettuale di Riello dilaga, arriva a dialogare ironicamente anche con la struttura architettonica di Botta: seduti sulle panchine della piazzetta, dove a luogo tutta la mise en scene, sembra di poter vedere- oltre la trasparente copertura -, nello squarcio di cielo sovrastante, l’aereo che si allontana, con a bordo il nostro desiderio di partire.
Tutto ciò sembra svanire nel momento stesso in cui si oltrepassa la porta girevole, confine tra interno ed esterno. Dentro, però, l’intento dell’artista di donare un aeroporto ad una cittadina provinciale, viene coronato giustapponendo un banco check-in dove i visitatori possono realmente prenotare il loro viaggio. Se questo non si chiama dare la possibilità di sognare…
claudio musso
mostra visitata il 12 marzo 2005
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...e naturalmente un progetto così affascinante non trova spazio in una Biennale così povera di idee, rischierebbe di mettere in imbarazzo tutti gli altri...
Ben detto, ben scritto. Si sente il rumore, si vedono le luci.
Sognare,
sognare.
Davanti al rumore dei tabelloni all'aereoporto. Malpensa.
E uno si chiede sempre
Dove vado?
Dove andrei?
Liberi tutti.
Come degli imbecilli.
Siamo rimasti.
Geniale, soprattutto lo stupore derivante la scoperta della "presa in giro"
ci siamo caduti con tutte le scarpe.
"un aeroporto a rovereto?"
"scusa eh, mica puoi conoscerli tutti, sara' nuovo, cerchiamo piuttosto l'ingresso al mart"
perche' i tabelloni con i voli sono piuttosto costosi, perche' di solito i non luoghi non mentono...
o forse perche' sto parlando di un installazione geniale, punto.
un grazie a riello e al mart che merita davvero.
Riello intelligente, e Musso bravo a intrappolarlo in parole...