Inizialmente votato alla carriera di scrittore, in seguito decise di dedicarsi alla pittura, studiando a New York ed in seguito, per due anni, a Parigi, per poi trasferirsi a Roma e quindi a Napoli. E’ in Italia che la sua pittura viene notata, come testimonia la sua prima personale alla Galleria Studio Legale di Caserta. Altre mostre tenne in seguito alla Galleria Arco di Torino, allo studio Cannaviello di Milano, alla Galleria Massimo Minini di Brescia e alla Galerie Bernd Kluser di Monaco, città nella quel attualmente lavora.
Mendoza è uno di quegli artisti che riesce, senza mezzi termini, a riconciliare il pubblico con la pittura, in un’epoca in cui tale tecnica sembra sopravvivere di stenti.
La spatola dell’artista si muove con decisione e sicura sulla tela, stendendo velocemente colori duri, densi, creando figure frutto di una ispirazione quasi delirante. Alla fine però il risultato è eclatante: squarci di una memoria collettiva di immagini che sembrano venire dal nostro passato appaiono sulle tele in tutta la loro espressività; le figure umane si mettono in posa secondo le regole della fotografia primitiva, gli edifici, gli oggetti, sono strappati con violenza dal profondo della mente e gettati ancora vivi sulla superficie. Superato l’impressionante colpo d’occhio di queste tele, il visitatore può avvicinarsi ed allora si compie il miracolo: quella pittura che pareva violenza svela lentamente la sua anima più vera, le figure ora si caricano di una dolcezza infinita, o di una beffarda ironia, o di una malinconia profonda.
Mendoza ha raggiunto una grande padronanza del mezzo pittorico fino a governare con disinvoltura le contaminazioni con le tecniche della fotografia e della Pop Art, nell’utilizzo esasperato del bianco e nero e nel procedimento di sovrapporre alle immagini dello sfondo frasi o figure stilizzate. Se questo è il risultato viene da chiedersi dove arriverà mai quest’artista dalle capacità straordinarie.
Questa è stata la seconda mostra dell’anno per il Mart di Trento, seguita a quella della altrettanto giovane bolognese (n. 1966) Eva Marisaldi, già sufficientemente nota per le sue installazioni che indagano minuziosamente tra gli oggetti di tutti i giorni riconducendo il visitatore ad astrarsi dall’azione per riconoscere gli stimoli sonori e visivi che suggestionano i nostri sensi.
Nell’immediato futuro il programma del Mart appare di grande interesse, sempre nel segno di presentare i lavori recenti di artisti che hanno ormai avuto un riconoscimento internazionale.
Dal 2 settembre al 1 ottobre ci sarà Richard Long (Bristol 1942), artista che ha votato la sua arte al paesaggio. Le sue installazioni sono il frutto dell’osservazione profonda della natura e del suo rapporto con lo spazio urbano; tra le mura asettiche del museo egli riesce a ricreare un’atmosfera contemplativa e spirituale giocando sul tema della riconciliazione dell’uomo con la Natura nel segno di un approccio quasi mistico con essa.
Dall’ottobre 2000 al gennaio 2001 (date da stabilire) toccherà a John Baldessari (National City, California, 1931), noto per l’utilizzo delle tecniche fotografiche come forma espressiva capace di sovvertire ogni ordine linguistico nel rapporto tra comunicazione e spazio. Ironia e contaminazione attuata sulla scorta delle meditazioni degli anni ’60 e ’70 sono le caratteristiche evidenti delle sue opere.
Per il 2001 il Mart offrirà l’occasione, a quanti ancora non lo conoscano o a coloro che ne hanno solo sentito ripetere ossessivamente il nome sulle riviste d’arte, di avvicinarsi all’arte di Maurizo Cattelan, il padovano (n. 1960) che è comunemente considerato uno dei rarissimi esempi in cui l’arte contemporanea italiana si è affermata all’estero. I suoi progetti e lavori puntano ad una rielaborazione e ad un riesame del sistema globale delle informazioni mediante lo stravolgimento dei canoni consueti del sistema dell’arte.
Alfredo Sigolo
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