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fino al 18.IX.2005 | Jackson Pollock – Senza confini. Solo bordi | Venezia, Fondazione Guggenheim

di - 23 Giugno 2005

Senza confini. Solo bordi. Da una frase di Jackson Pollock (1912, Cody, Wyoming – 1956, The Springs, N.Y.) che definisce la sua pittura, viene il titolo di una rassegna importante, elegante e preziosa che fa tornare il pittore nella casa veneziana di Peggy Guggenheim, che dell’artista è stata entusiasta protettrice e sponsor, lanciandone la fulminea carriera. I due si conoscono a New York al principio degli anni Quaranta. Pollock era giunto nella Grande Mela nel 1929 dagli sterminati paesaggi del West dell’Arizona e della California, dove la sua famiglia si era trasferita per sfuggire alla povertà del nativo Wyoming. Ha nel suo bagaglio culturale i disegni su sabbia degli “indiani” Navaho e negli occhi le distese sconfinate e selvagge che gli ispireranno gli “spazi senza cornice” della sua pittura matura. Il giovane è affascinato dai surrealisti, adora Mirò, è colpito dalla tremenda forza di Guernica, il dipinto-denuncia di Picasso contro gli orrori della guerra -visto in una galleria newyorkese nel 1939- è sensibile alla gamma cromatica, alla spazialità dilatata e al primitivismo mitico dei muralisti messicani Orozco, Rivera e Siqueiros.
Peggy Guggenheim lo invita a realizzare le prime mostre nella sua galleria newyorkese Art of this Century e in poco tempo Pollock giunge a incarnare l’icona dell’action painter, il pittore gestuale che stacca l’arte americana dalla tradizione artistica europea. Stende per terra le sue tele e inizia una sorta di danza in cui il gesto non solo della mano, ma del braccio e del corpo tutto, “fa” la pittura. Stando non davanti, ma sopra all’opera.

La Fondazione veneziana Peggy Guggenheim accoglie ora una selezione di 52 opere su carta, a cura di Susan Davidson, tra le 700 realizzate da Pollock. Una produzione meno conosciuta del repertorio dell’artista attraverso la quale si ripercorre il suo cammino dai primi saggi (1935-1941) in cui, in una pittura che “sgorga dall’inconscio”, si rivela un’interiorità travagliata indagata anche attraverso un percorso di terapia psicanalitica cui il pittore si sottopone per contrastare l’alcolismo. Progressivamente le immagini perdono verosimiglianza e volume per diventare pittografie, graffiti, scritte, figure latenti, pennellate astratte (1942-1947). I lavori dal 1947 al 1950 segnano un mutamento di rotta decisivo nell’arte di Pollock, che concepisce ora la superficie del dipinto come spazio da attivare, luogo della figur-azione “all over a tutto campo” sul supporto ricevente.
Un lieve difetto fisico (è privo della punta dell’indice destro) gli fa preferire strumenti che non richiedano estrema precisione manuale. Nel suo studio di Long Island, dopo la tragica morte avvenuta nel 1956, sono stati trovati nebulizzatori per bocca e contagocce che l’artista utilizzava per realizzare quella serie di griglie, “stati d’ordine” come lui li definisce. Linee, segni, macchie, smalti colati e gocce rispecchiano un’intricata geografia dell’anima, un reticolo di strade da percorrere, una congerie di materia viva. Un intensità organica che, con spinta ora centrifuga ora centripeta, produce una realtà pittorica che è germinante trasposizione di fermenti interiori.

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Jackson Pollock. Senza confini. Solo bordi – A cura di Susan Davidson
Venezia Fondazione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro 701  – +39 0412405411 – ingresso: euro 10; euro 8 senior oltre i 65 anni; euro 5 studenti; gratuito fino ai 12 anni e-mail info@guggenheim-venice.it; sito web www.guggenheim-venice.it


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  • L'articolo non è male per la parte relativa al personaggio Pollock ma sarebbero stati necessari, a mio avviso, maggiori riferimenti alla mostra in questione: dipinti presenti, numero delle sale coinvolte...

  • Recensione molto esaustiva, aggiungo tuttavia alcuni dettagli a mio avviso interessanti.
    Nello snodarsi delle sale del Guggenheim, lo spettatore può ammirare le prime opere di Pollock ed addirittura il suo maestro ispiratore. Si passa in rassegna simbolicamente l'affannosa vita dell'artista, attraverso quadri che inizialmente hanno supporti scadenti e piccoli formati, fino a giungere al mecenatesimo di Peggy G. È questo il momento più vibrante ed intenso di tutta la rassegna, attimo in cui finalmente l'action painting ha 'lo spazio' di vivere.
    Tra i tanti quadri famosi e meritevoli, purtroppo manca il più grande per dimesione, quello cioè commissionato da Peggy a Jackson Pollock per il suo appartamento.
    Interessante anche la mostra nell'abitazione della mecenate stessa 'Affinities', dove si possono ammirare altri due master piece dell'artista. Elena Arzani

  • Mex x Elena: ciao Elena sono Carla, ma sei colta in generale o hai una predilezione x Pollock? Complimenti e grazie x tutte le informazioni! Ciao.

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