Raccoglie gli influssi della
cultura occidentale, ma al contempo sa anche sottoporli a un profondo processo
di rielaborazione che le permette di mantenere sempre la propria identità
spirituale ed estetica. Emersa com’è da pratiche religiose e artigianali
radicate nella vita di tutti i giorni, si trova sospesa tra continuità e
modernizzazione, tra storia e contemporaneità.
trapasso, in cui le sue radici non sono più retaggi statici, ma inedite chance,
inattese opportunità creative.
Lo stesso titolo della mostra, Midnight’s Children, tratto dall’omonimo
romanzo di Salman Rushdie, vuol essere un richiamo all’anima profonda
dell’India, non inteso però come puro scandaglio del passato, ma come memoria
attiva, come eco in opera.
È così per Hema Upadhyay
(Baroda, 1972; vive a Mumbai), che nelle sue installazioni (Killing Site)
dà testimonianza dei cambiamenti avvenuti in molte metropoli. Si tratta di un
autentico coacervo di piccoli tuguri e casette multicolori che rendono l’idea
di una bidonville costruita con materiali di scarto e in perenne, caotica
mutazione. Mentre tessuti economici fanno da fatiscente sfondo, accogliendo
fotografie della stessa artista, come se lei volesse partecipare in diretta
all’esperienza della migrazione, del caos, della perdita.
Riyas Komu (Kerala,
1971; vive a Mumbai) costruisce invece figure complesse, rifacendosi alla
grande tradizione decorativa indiana. Come un antico artigiano, lavora legni di
recupero fino a ottenere preziose spade (che sono però anche gigantesche viti),
carri con divinità (che sono però anche “archivi del corpo”), case e grate (che
sono però anche prigioni). Sopravvivenze che continuano a esistere attraverso
la loro mobilità di senso, come accade pure nelle foto che Komu realizza a
calciatori: portano sul viso le tracce di una geografia in continua
trasformazione, veicolando temi quali lo sradicamento, l’esodo, l’esaurimento
dei “credi”.
Infine, Jagannath Panda
(Bhubaneswar, 1970; vive a Mumbai) presenta sculture surreali e ironiche che
sembrano fermentazioni della memoria, esaltazioni del vissuto. E, accanto,
dipinti che mostrano animali sperduti nella dimensione aliena dell’urbanesimo.
È l’India che, sperimentando
diverse possibilità estetiche, si interroga con fermezza sulle più scottanti
contraddizioni attuali: ma che lo fa, aggiungendo alle nostre grammatiche e
alle nostre sintassi il suo deposito di sogni, il suo abisso di segreti. Così
ci aiuta a rileggerci, a reinterpretarci.
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mostra visitata il 25 settembre
2010
dal 25 settembre al 20 novembre 2010
Komu | Panda | Upadhyay – Midnight’s Children
a cura di Marco Meneguzzo
Studio La
Città
Lungadige Galtarossa, 21 – 37133 Verona
Orario: da martedì a sabato ore 9-13 e 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 045597549; fax +39 045597028; lacitta@studiolacitta.it; www.studiolacitta.it
[exibart]
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