Questa mostra su Gino Severini ed il tema della “danza” si rivela una inattesa scoperta; il felice risultato di un progetto circoscritto, ma storicamente assai significativo. In questo senso lo spazio della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, uno dei luoghi simbolo dell’arte contemporanea, non ha bisogno di mostre eclatanti o di numeri che soddisfino ristoranti ed alberghi per farsi conoscere e per essere apprezzato come sede espositiva e, soprattutto, propositiva.
Severini, nato a Cortona nel 1883, si stabilisce nel 1906 a Parigi nel quartiere di Monmatre; in questi anni conosce le grandi correnti stilistiche della storia dell’arte, ma sa anche immergersi nella società francese di inizio Novecento, caratterizzata da una borghesia gaudente e vitale, che esprime nei vari cafè chantant, music-hall, teatri la propria euforia e gioia di vivere. La danza diviene quindi immagine della modernità , ma anche tema che stimola l’innovazione stilistica, perché coinvolge lo spettatore, animandolo psicologicamente e stimolandone la dimensione ottico – percettiva. In questo senso Severini si dimostra del tutto futurista e nella sua poetica riesce a tenere insieme la scomposizione del colore, la compenetrazione di figura e spazio della decostruzione cubista dei volumi, il piacere per la rappresentazione dinamica, che diviene occasione per studiare delle rappresentazioni astratte.
L’esposizione curata da Daniela Fonti, autrice anche del catalogo ragionato dell’opera di Severini, pubblicato nel 1988 (Milano, ed. Mondadori – Daverio), ripercorre negli anni tra il 1909 ed il 1916 la rielaborazione da parte dell’artista delle corrente puntinista di Seurat e Signac, l’adesione al Futurismo di Marinetti (1910) e l’influenza del Cubismo, che verso il ’15 produrrà un irrigidimento nelle rappresentazioni pittoriche. Opere fondamentali presenti in mostra come il Geroglifico dinamico del Bal Tabarin (1912) del Museum of Modern Art di New york, esposto per la seconda volta in Italia, il Souvenirs de Voyage (ca 1911) disperso e riapparso in Francia nel 1994, il Mare=Ballerina (1913-1914) della Collezione di Pegghy Guggenheim, tracciano questo percorso, ma rivelano anche una pittura che va verso la glorificazione della luce – colore di matrice orfica, come nell’opera Espansione sferica della luce centripeta del 1913-1914 e nell’ Expansion de la lumiere (1912-1914) del Museo Thyssen Bornemisza di Madrid.
La mostra è arricchita da disegni, opere su carta, pastelli dell’artista che rappresentano le tracce, gli appunti di questa particolare ricerca visiva sulla rappresentazione della danza, che, oltre tutto, collega Severini ad una serie di artisti coevi come Auguste Rodin, Erich Heckel, Umberto Boccioni, Mario Sironi, Theo van Doesburg, Man Ray, presenti in uno stimolante confronto con una quarantina di opere. Vanno ricordati: uno studio di Georges Seurat per il notissimo Le Chahut (1889 circa),
Una sottile malinconia traspare dal bel film “Gino Severini”, realizzato nel 1967 dal regista Sandro Franchina, nipote dell’artista, trasmesso in una apposita sezione audio-visiva. Inoltre, accompagnano il visitatore tra le stanze alcuni suggestivi brani musicali di ispirazione futurista, la cui selezione ed esecuzione al pianoforte si deve a Daniele Lombardi, un importante compositore e studioso.
Ricchissimo di saggi il catalogo, caratterizzato da una grafica impeccabile, come ci ha ormai abituato la casa editrice Skira.
Stefano Coletto
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Bellissima di Gino Severini "Danzatrice Blu".
In essa vedo evidente la visualizzazione del movimento che interessa il moto dell'oggetto singolo e del dinamismo universale.
Con il Futurismo si ha in Italia la rottura con l'arte tradizionale. (1909 - 15)
Grandissimi oltre a Severini, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, e CarrĂ . Artisti che ammiro.