Categorie: venezia

fino al 3.X.2010 | La terra vivente | Verona, Palazzo Forti

di - 5 Febbraio 2010
Se l’arte ha dedicato al paesaggio un genere immortale, o
quasi, un motivo ci sarà. Verona lo ribadisce agli abitanti del pianeta blu,
tifando verde in sincro con la sfida di Copenhagen. La Terra Vivente, infatti, aperta l’11 dicembre –
dunque in pieno vertice – a Palazzo Forti, è un’ode corale alla (fu) salute del
pianeta. Le sezioni del poema visivo sono una più dei libri del De rerum
natura
, cioè
sette, e inseguono gli “ismi” di fin
de siècle sino alla modernità e oltre,
incasellandoli in categorie
storico-cronologiche, da fine Ottocento agli anni ’70 del
Novecento.
Plasmando i compositi caveau pubblici e
privati di Palazzo Forti, delle Fondazioni Domus – emanazione del gruppo
bancario CariVerona – e Pio Semeghini, e della scaligera Galleria dello Scudo, ne
è uscito un riflesso locale e universale, cioè intimo, di Madre Natura.
Il viaggio in Italia lungo cento opere
inizia unendo Verona e Vasto sotto i Preannunci del naturalismo di Giuseppe
Cannella
e dei fratelli Palizzi, transitando
dal romantico vedutista Mosè Bianchi al “maledetto” Emilio
Praga
, dall’Arturo Tosi “alcolico” al Giacomo
Balla
ancora “paesaggista” nel 1905, fino alle soglie della Modernità.
In questa sezione brilla de Pisis, con un cartone
del 1923 che incornicia la solita “modella” (natura morta) in un’insolita
sagoma stondata. E risplendono pure i secessionisti Guido Trentini e Felice
Casorati
, folgorati da Klimt – ospite a
Venezia nel ’10 – prima di approdare al Realismo magico.

Graffa centrale è Giovanni Frangi, in bilico tra
i cieli senza orizzonte alla Constable e il mare di
oggi in schiuma poliuretanica: l’“arcipelago” Sidi-Kaouki è tra le
migliori prove d’allestimento in mostra. Fra gli altri meriti – oltre al fatto di reagire al
post-cortenovismo assoluto – c’è la riscoperta di obliate glorie scaligere,
inserite in una sezione ad hoc, la sesta. Un vero riscatto per il cosiddetto Gruppo
veronese, alias Angelo Zamboni, Guido Farina, Orazio Pigato, Albano Vitturi; per l’ultimo in particolare, nulla sembra esser valso
partecipare a otto Biennali di Venezia.
Mentre Pio Semeghini affianca a buon titolo de Pisis, conosciuto a
Parigi, il “veronese” più celebre dai tempi di Paolo Caliari, Angelo Dall’Oca Bianca, misura il suo valore nella sala
accanto al macchiaiolo Signorini. Proprio Dall’Oca condivide pacifico la sezione con un Balla ancora
scevro dall’astio futurista, che spinse gli allievi dell’Accademia Cignaroli a
distruggere 52 opere del concittadino “passatista”.

All’unisono con le impression di Corot alla Gran Guardia, la rassegna riporta agli occhi
l’urgenza di difendere ciò che resta del mondo, spesso disarticolato, in ogni
caso custodito dagli artisti sul letto anatomico della tela dipinta. L’ultima sezione, 1940-1960, la più ricca di maestri, da Donghi a Vedova, da Santomaso a Schifano, fa affiorare l’unico neo: un
allestimento talvolta un po’ subito per eterogeneità di materiale, come nel
caso della Scheggia di Afro
del 1956, stretta fra altri grandi, Tancredi, Licini e un Morlotti tardo, datato 1927 anziché ‘72.
I refusi nelle didascalie erano 20”, fanno sapere dallo staff, “ma
sono stati tutti corretti
”. Un plauso alle buone intenzioni.

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polemica su Palazzo Forti

beatrice benedetti
mostra visitata l’11 dicembre 2009


dall’undici dicembre 2009 al 3 ottobre 2010
La terra vivente
Galleria d’Arte Moderna – Palazzo Forti
Volto Due Mori, 4 – 37121 Verona
Orario: da martedì a venerdì ore 9-19; sabato e domenica ore 10.30-19 (la
biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso: intero € 6; ridotto € 5
Info: tel. +39 0458001903; fax +39 0458003524; palazzoforti@comune.verona.it; www.palazzoforti.it

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