Non è neppure la prima volte che Héléne de Franchis, titolare della galleria, suggerisce percorsi trasversali per indagare ricerche stilistiche che, mostrando affinità e similitudini, si attuano in zone geografiche diverse. Se c’è un dato significativo da sottolineare in questa politica espositiva, esso va certamente rilevato nelle inedite relazioni che legano artisti di origine tedesca e che lavorano in Germania con colleghi americani che hanno spesso alle spalle un’attività ed una tradizione consolidata, frutto anche del potere di mercato.
La questione che viene posta nella mostra presente è relativa ad un periodo, gli ultimi 25 anni, in cui sembra che la pittura si sia fermata lasciando in sospeso la ricerca sulle profondità armoniche del colore, ispirata ad un rigore stabilito dall’approccio minimalista e dalle istanze monocrome. A fronte di ciò la pittura sembra invece aver imboccato strade alternative, essenzialmente narrative più che formali ed estetiche. Stuart Arends e Katharina Grosse lavorano invece per recuperare una tradizione di rigore formale destinata, prima o poi, ad essere riconsiderata e riscoperta nelle sue radici storiche (in quest’ottica la donazione Panza di Biumo alla Guggenheim assume i connotati di un presagio).
Katharina (1961, Friburg/Breisgau, vive e lavora a Dusseldorf) dipinge pareti, carte e tele a larghe campiture, stendendo velature di colore sottili, che lasciano trasparire le tonalità sottostanti. Per questo modo di procedere, oggi perfezionato grazie all’uso della tecnica a spruzzo, le opere dell’artista presentano superfici gassose, che sembrano dilatarsi e ritrarsi, <mosse da strani correnti che, più che dall’aria circostante, sembrano determinate dalla luce e dall’angolo di incidenza di quest’ultima sulle opere. Dinamismo della materia cromatica, cascate di luce e colore: le tinte calde di Katharina riescono a creare fascinosi diaframmi nelle pareti che invitano il visitatore ad attraversare una soglia per immergersi nello spazio che sta al di là della tela, del muro, e di cui intuiamo solo la misteriosa sacralità, indotta proprio da quel rigore che guida il gesto pittorico sulle vie dell’armonia e delle assonanze cromatiche.
Stuart Arends (1950, Waterloo/Iowa, vive e lavora a Santa Fe) ha alle spalle un’attività trentennale, consolidata dalle esposizioni tenute nelle gallerie newyorkesi e di L.A. e che ha avuto la sua consacrazione in Europa durante il tour espositivo delle selezioni dalla collezione Panza di Biumo.
Arends realizza piccole “scatole” a base quadrata, mai di lato superiore a 20 cm. L’attività dell’artista si inserisce nell’ambito delle ricerche intraprese dalla pittura minimalista negli anni ’60 e ’70; uno degli sviluppi di tale ricerca indusse ad esplorare a tal punto i limiti della sintesi estetica da giungere ad indagare le possibilità di miniaturizzazione dell’oggetto. Arends punta, in assoluta libertà, ad una creazione che s
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