Sergio Racanati, DEBRIS/DETRITI_Amazzonia 2022-2023. Production image per la ricerca artistica, vincitore dell'Italian Council, indetto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea Ministero della Cultura, copyright & courtesy the artist and CAPTA.
Quanto segue è una rilettura condivisa con il pubblico, di una serie di note, appunti, tra forma diaristica e componimenti poetici scritti nella foresta primaria di Flona, durante la mia residenza artistica a Campo de Heliantos nel distretto amministrativo di Alter Do Chao, della provincia di Santarém, nello stato di Pará, situato sulla riva destra del Tapajós, in seguito alla vincita dell’Italian Council Bando MiC -Italian Council- XI edizione.
L’Amazzonia, per me, rappresenta un vero e proprio soggetto politico per garantire, sostenere e implemen-tare nuovi e imminenti futuri scenari: economici, finanziari, culturali e sanitari mondiali all’interno della grande trasformazione in atto che sta ridisegnando la geografia politica e umana globale.
Durante tutto il viaggio, ma direi oramai da diversi decenni, mi interrogo sul senso della storia, delle forme di colonizzazione, subalternità e dei necessari processi di emancipazione.
Quello che è emerso dal mio viaggio sono riflessioni sulle nuove necessità del fare arte, del ruolo dell’artista, delle reti di muto soccorso, delle reti di coproduzione, progettualità di economie solidali, nuove traiettorie ecosostenibili sia per le politiche culturali sia per quelle sociali ed economiche. In questo particolare momen-to storico, attraversato da multiple e repentine crisi di diverso carattere, sono sempre più convinto che “noi” artisti abbiamo un’occasione unica per attivare progetti-processi che aiutino a immaginare un più equo e ot-timistico futuro comune.
Sono focalizzato sulle molteplici e intricate relazioni tra comunità, cultura e geopolitica. Sono sempre più orientato all’incrocio e allo scambio tra territori, culture e ibridazione dei linguaggi di cui questo contributo è un esempio: la mia pratica e ricerca sono rivolte alla possibilità di raccogliere, riscrivere e rinarrare un insie-me di racconti, una costellazione di storie in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio dell’umanità, delle geografie, dei sogni e dei bi-sogni delle comunità, attraverso voci laterali, marginali, defila-te ma significative per tratteggiare e individuare nuovi ecosistemi.
Dicembre 2022
Il primo mese di residenza presso Campo de Heliantos è servito per ambientarmi, per entrare nel bioritmo e nell’ecosistema della Foresta Amazzonica che si sono rivelati particolarmente complessi, anche in ragione della concomitanza con il periodo delle piogge pluviali. Il clima della Foresta Amazzonica – e nello specifico quello dell’area di Santarém, nel periodo compreso tra dicembre e febbraio – ha registrato una temperatura media di 28-32°C, con un tasso di umidità altissimo e con precipitazioni piovose di 2000-4000 mm/anno sotto forma di rovesci temporali, a volte molto bruschi. L’insieme di tutti questi fattori climatici favorisce lo sviluppo della vegetazione rigogliosa che caratterizza la Foresta ovvero un’elevata biodiversità facilmente rinvenibile nella presenza anche di centinaia di specie forestali in ogni ettaro di superficie, molto vulnerabili alle alterazioni antropiche. L’Amazzonia, e nello specifico la regione del Parà, rappresenta uno dei biomi terrestri con la massima biodiversità.
qui non ci sono sovrastrutture
ai margini
il corpo si riappropria della sua animalità
e lo abita in ogni sua millimetrica
goccia di Orixás
La Foresta Amazzonica si estende su una superficie di 6,5 milioni di km². Si sviluppa sul territorio di ben nove stati sudamericani ed è la foresta pluviale più grande rimasta sulla Terra. L’area più vasta è ubicata in Brasile. Lo stato di salute di questa preziosa regione naturale è legato a doppio filo con quello del clima globale: la Foresta pluviale immagazzina da 150 a 200 miliardi di tonnellate di carbonio (C), equivalenti da 367 a 733 gigatonnellate di CO2; la sua continua distruzione provoca il rilascio nell’atmosfera di enormi quantità di CO2, con conseguenze catastrofiche per l’intero ecosistema dell’intero pianeta Terra.
Mi piace porre attenzione e chiarire, sin da subito, che i Popoli Indigeni hanno una diversa concezione delle terre, dei territori e della Terra, rispetto a noi Occidentali. I Popoli Indigeni non vedono la terra come una proprietà, essa non può essere posseduta, è come l’aria, non si può comprare né vendere, così come il sole o le nuvole. Secondo la cultura indigena noi umanità apparteniamo alla terra, e non possiamo distruggere questa profonda relazione da cui l’importante definizione/concetto/constatazione della Terra come nostra Madre: flora e fauna tutta è considerata – dagli indigeni – parenti, hanno la stessa nostra gerarchia, appartenendo allo stesso ambiente, allo stesso bioma, dello stesso ecosistema in cui noi tutti viviamo”.
Tutta la mia pratica artistica è una pratica situata e la dinamica dell’ambientarsi/adattarsi, non solo ai fattori ambientali ma anche alle architetture ospitanti fa parte di un grande lavoro di preparazione costante che svolgo da sempre attraverso pratiche che attingono saperi ed “esercizi” da discipline differenti come ad esempio lo yoga, le meditazioni, l’alimentazione con pratiche di digiuni, lunghissime, allenamento tecnico sportivo mirato.
Qui a Campo de Helinatos, come in tutta l’area della Foresta, la mia dimora è stata una Cabana, una capanna col tetto di foglie di palme intrecciate, realizzata con materiale di legno riciclato e recuperato nella Foresta da alberi di Cumarù (parti di tronchi e rami tagliati) o da altre capanne smantellate. Questo tipo di architettura è chiamato “posada”, una coniugazione del verbo “posa” che tradotto in lingua italiana significa “mettersi in uno spazio, riposare”: tale dimensione dell’abitare autonomo prevede e assicura un rapporto diretto con la natura, utilizzando processi ecosostenibili con mano d’opera locale.
Campo de Heliantos è stato realizzato completamente con questo metodo, grazie alla grande maestria e ai saperi indigeni di Mais e di alcuni suoi amici della comunità indigena Borarì, di cui lo stesso Mais fa parte. Mais è parte integrante del progetto culturale e artistico della residenza insieme a Graziela Braum, la direttrice artistica che è una delle voci della nuova letteratura indipendente con focus sulle nuove narrazzioni delle storie della Foresta dell’aria del Rio Tapajós.
Le abitazioni sono realizzate con il legno Cumaru, Kumaru o Cumaruna (le varianti rispecchiano il nome attribuito dai nativi sudamericani di etnia Guaranì). L’albero adulto raggiunge i 25-30 metri di altezza e il diametro del tronco supera il metro. La corteccia è liscia e grigia mentre il legno è marrone scuro con tinte che tendono al rossastro.
Gennaio 2023
Il secondo mese è stato dedicato alla scoperta del territorio naturale. L’esplorazione delle Foresta circostante la residenza si è svolta in modo attento e analitico; le lunghissime passeggiate sulle rive del fiume Tapajós, affluente destro del Rio delle Amazzoni, mi hanno permesso di osservare e studiare le terre adiacenti, caratterizzate da una straordinaria biodiversità. Il fiume Tapajós, lungo più di 800 km, scende dall’altopiano del Mato Grosso fino a sfociare nel Rio delle Amazzoni, a monte della città di Santarém. Nelle sue acque vivono numerose specie animali, tra cui il rarissimo delfino rosa, e tale rigogliosità determina la vita delle comunità indigene e fluviali che da sempre abitano questi territori oggi esposti a gravissimi pericoli. Uno dei motti delle lotte indigene recita cosi: “il fiume e la foresta sono la nostra vita: sono parte della nostra famiglia e come tali ci appartengono”.
Ho assistito alla visione magica dei delfini rosa – una vera e propria corografia di corpi acquatici sinuosi che appaiono e scompaiono nel rio – durante le mie passeggiate all’alba e al tramonto, i due momenti più favorevoli per osservare le rive del fiume che cambiano morfologia e colori. All’alba ho goduto del silenzio e del canto degli uccelli che sorvolavano le spiagge vuote – puntinate da indigeni, sulle loro imbarcazioni o sulle rive; al tramonto ho osservato il suggestivo paesaggio umano riversarsi sulle spiagge per le attività di pesca – preziosissima e fondamentale attività di sussistenza e sopravvivenza della comunità Borarì – mentre i dorati raggi del sole impreziosivano le acque turchesi.
Ho avuto la possibilità di vivere nella natura incontaminata e godere di panorami mozzafiato: non a caso tutto questo è stato definito come “i caraibi del Brasile”.
Con Mais, a bordo della barca di proprietà della residenza che costituisce uno dei principali contenitori delle attività artistico-culturali di Campo de Heliantos ovvero letture di libri a bordo della barca, ho avuto il privilegio di immergermi nel suggestivo paesaggio del Rio Tapajós, per visitare e comprendere il paesaggio naturale e antropico nonché la morfologia del territorio. Ho visitato l’Ilha do Amor, considerata una delle più belle spiagge fluviali di tutto il Brasile: una lingua di sabbia fine e dorata, collocata al centro del Rio, che scompare quando le piogge sono abbondanti. Altra meraviglia è stato Lago Negro, spiaggia fluviale inserita all’interno della laguna di lingue di sabbia, le cui acque sono piuttosto scure: da qui deriva il suo nome. Qui ho apprezzato lo stato di solitudine in cui eravamo. Ero del tutto solo: ero in paradiso! A pochi minuti, sempre in barca, ho visitato il Canal di Jarì puntellato da architetture strepitose: palafitte sulle rive del canale adornate con una incredibile vegetazione rigogliosa, tra cui le maestose ninfee della varietà Vitorias-Regias.
Anche Ponta das Pedras è stata un’affascinante scoperta e un’interessante frequentazione perché ha una morfologia pazzesca: è divisa in due da una catena di pietre con colori cangianti.
A Punta do Cururu sono andato ad ammirare i tramonti mozzafiato. In acqua ho avuto i brividi per la meraviglia e lo spettacolo della natura poiché le acque sono molto calde, se non addirittura bollenti. Invece, a Praia do Pindobal, ho assistito al fenomeno del turismo locale sulla spiaggia con i venditori ambulanti che cercano di vendere di tutto: dai souvenir ai parèo, dalle bottiglie di Cachaça (un liquore tipico usato per la preparazione della caipirinha) ai gelati, dal platano fritto alle birre ghiacciate.
Ho trascorso due settimane a FLONA (acronimo dal portoghese Foresta Nazionale del Tapajós), la vasta riserva situata sulla sponda orientale del fiume, che si estende per 5440 km2. Ho vissuto nel villaggio indigeno Jamaraqua dove ho fatto un vero e proprio viaggio nella Foresta primaria dell’Amazzonia. Una sorta di rituale obbligatorio, la trilha di Piquiá (trekking) di cinque ore totali insieme alla guida, un indigeno – per me una sorta di shamano – il quale mi ha fatto conoscere piante, fiori e alberi secolari, nonché le loro proprietà e gli usi nella medicina tradizionale amazzone e nella cultura alimentare. A un certo punto, mi sono trovato di fronte i millenari alberi di Samaúma: per me è stato il coronamento di un grande sogno. A FLONA ho anche apprezzato e conosciuto i processi di estrazione del Caucciù, poiché qui c’erano tantissimi alberi della gomma e per questo l’intera area è stata preda delle multinazionali americane che ne hanno devastato l’ecosistema, portando a conseguenze che ancora oggi continuiamo a pagare, le conseguenze di quelle violenze perpetrate ai danni della Foresta.
Febbraio 2023
Durante il terzo mese di residenza presso Alter do Chao ho avuto modo di interagire, su scale e intensità differenti, con la comunità Borari, con le sue strutture culturali e i suoi rappresentati. La comunità Borari è un popolo indigeno che abita le rive dei fiumi Tapajós e Maró-Arapuns, nella parte occidentale dello stato del Pará.
Durante gli incontri con Marcele Santos, antropologa con specializzazione in Storia e danze popolari amazzoni e maestra e ballerina di Carimbo, ho approfondito la danza tipica del Parà ovvero il Carimbó. Esso è un tipo di tamburo conico con una sola superficie percuotibile chiamata atabaque ed è una danza di derivazione africana eseguita nel nord del Brasile principalmente nel Parà. Storicamente, il Carimbó era usato nel batuque, una danza portata dall’Africa dagli schiavi africani. Influenzata anche dalle culture portoghesi e dei nativi americani, la danza Carimbó si sviluppò intorno all’isola di Marajó e a Belém, una città situata nella regione del Pará, durante l’epoca coloniale. Il Carimbó si trova tra i contadini e i pescatori dello stato del Pará. Negli anni ’60 e ’70, con l’influenza degli strumenti elettronici, i ritmi del Carimbó hanno contribuito a produrre la Lambada.
Ogni giovedì sera mi sono recato in una piazza per l’evento del villaggio in cui si ballava e cantava il Carimbó. Ogni serata era animata da gruppi musicali locali.
Tra le voci più rappresentative del Carimbò che ho avuto il grande piacere di ascoltare facendomi compagnia durante tutta la residenza c’è senza ombra di dubbio Dona Onete (nome d’arte) all’anagrafe Ionete da Silveira Gama OMC (Cachoeira do Arari, 18 giugno 1939) cantante, cantautrice e poetessa brasiliana.
A questo punto non ci resta che aprire le danze:
https://open.spotify.com/1
https://open.spotify.com/2
https://open.spotify.com/3
Dicembre 2022-Febbraio 2023
a sud
quando batte il sole
i corpi diventano
più selvaggi
memory card quasi full
i primi passi alla scoperta di Saumaoma
più lo ripeto
più si configurava come un santuario
proprio un pellegrinaggio
poi ho capito
forse un santuario naturale
intanto la pioggia
mi riporta nella mia dimora
sotto il capanno
di una maestria pazzesca di paglia intrecciata
mi sono infilato la giacca di incerata
verde salvia
cappuccio incorporato
pronto per i 14 km
batteria dell’iPhone 15%
si parte
la guida turistica
un indigeno della comunità
madre 75 enne
padre 85 enne
-entrambi di buona salute e lavorano alle faccende domestiche-
ho contato su un palmo di mano
casa costruite dal governo federale
felici del mattone e spalmate di cemento
hanno solo dieci anni
una targa riporta la dicitura dell’anno e la riforma per la
comunità indigena
case ai piedi della foresta difronte al rio Tapajós e in mezzo una strada molto grande
più avanti un grande pozzo
sormontato dagli alberi
forse poteva anche essere un’invenzione
della guida
ho creduto
amo queste storie
intanto notiamo
una placchetta
-placca in portoghese significa indicazione/cartello-
2 km
era appena passata un’ora
i verdi
una meraviglia unica
un pazzesco rincorrere di luci
bagliori
perdite
rincorse
e poi
i bui
i neri
i pieni e i vuoti
in realtà
verdi scuri
verdoni
o smeraldi elevati al cielo
un lungo cammino
un vero attraversamento
un viaggio dentro e fuori
un togliere croste
dal corpo
dal cuore
dal creato
un aprirsi alla meraviglia
alla scoperta
di ciò che resta
custodi di questa eredità
giriamo nella foresta
-immaginatevi cosa accade nel fare una curva-ritrovarsi veramente su un altro pianeta
dentro un altro ecosistema
batteria dell’iPhone ormai ai 7%
wi-fi a gentil scrocco
o a casa
o agli incontri per strada tra l’urgenza di chiamare un moto taxi
E la voglia di leggere la notifica di whatsapp con un fuso orario di
4 ore con l’Italia
si apre davanti a me la foresta amazzonica che avevo immaginato
Sognato
o forse visto sui libri
o sulle fotografie
o in televisione nei documentari
o che forse io avevo immaginato
Di aver visto in questi media
o forse volevo immaginare e vedere
Amazzonia
un grande gemito
uno strappo carnale
viscerale
una boccata d’aria
e un tiro di canna
tutti i sali minerai di una vita intera
ho scattato una foto
una sola foto
timore la batteria
ma in realtà
non volevo sciupare il suo volo
ne rubare l’anima all’ultima
Samaúma
(Sergio Racanati, DEBRIS/DETRITI_Amazzonia 2022-2023. Componimento poetico per la ricerca artistica, vincitore dell’Italian Council, indetto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea Ministero della Cultura, © & courtesy the artist and CAPTA)
Nel giugno del 2025 ha ricevuto il premio Italian Council erogato dal Ministero della Cultura per la produzione e acquisizione museale dell’opera da parte del Museo MAN di Nuoro.
Nel 2022 ha ricevuto il grant per l’Ambito 3 – Sviluppo dei Talenti XI edizione di Italian Council. Nel 2022 ha partecipato al public program della ruruHaus, programma principale di dOCUMENTAXV/Kassel con il progetto filmico WOK/WAJAN sul processo Curatoriale del collettivo ruangrupa.
Tra le sue ultime mostre personali ricordiano LUCTUS – A consciousness cHoral soul ottobre 2023 presso EX Elettrofonica a Roma, curata da Gianluca Brogna e A futureless memory/ possibilità di un memoriale. Nel giugno 2021 è stata presso la Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea/Matera con annessa acquisizione per la collezione. Ha preso parte a progetti espositivi di respiro internazionali e nazionali afferenti alla rigenerazione urbana, tra cui “Circuito del Contemporaneo”, “Casa Futura Pietra” e “Z.I.P.”, vincitore del bando “Creative Living Lab” promosso dal MiC, a cura di Giusy Caroppo. Tra le diverse residenze artistiche a cui l’artista ha partecipato si segnalano quelle presso Harvard University a cura di Marcus Owens (2013); Z33 Contemporary Museum; Hasselt_B (2012), Performance Space / Londra_UK; Edge Zones Foundation / Miami_US a cura di Charo Oquet. Vincitore del premio per la sezione Performance Art alla Biennale di New York diretta co-curata da Vjitaly Patsyukov e Lu Hao (2013), partecipa anche alla Biennale del Mediterraneo (2012), alla 7°BerlinBiennal, all’interno del progetto “Preoccupied” presso il KW Institute for Contemporary Art, Berlino_D (2013) e alla Bienal del Fin del Mundo / Mar del Plata RA. Nel settembre 2019 è invitato alla Biennale di Curitba (Brasile) dove presenta la Performance Darkness e il film Debris/Detrti_SalinasGrandes in prima internazionale. Tra settembre e novembre 2019 ha partecipato alla Biennale di Curitibia (Brasile), ha tenuto due mostre personali rispettivamente una presso la Galleria Crudo a Citta di Rosario (Argentina) e l’altra presso la Galleria F.Ferrer di San Jose (Costa Rica).
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