Il percorso espositivo non segue
un ordine cronologico ma ripercorre le tappe di un iter artistico rizomatico.
Un coloratissimo arazzo accoglie i visitatori, mentre il capitano Ronald e il
copilota Grimace, mascotte di McDonald’s, sfidano il pubblico con esercizi
ludici. A seguire, un rassicurante interno borghese del XIX secolo rivela, a
uno sguardo più attento, le inquietanti iconografie della carta da parati. Sono
scene tratte dai Capricci di Goya, stigmatizzazioni di vizi e pregiudizi della società
settecentesca.
L’inquietudine non diminuisce
osservando i tre ritratti ottocenteschi, con i volti alterati da processi di
consunzione; per raggiungere l’apice con i teatrini di Hell – parossismo di nefandezza nazista
e storicizzazione di un compendio didascalico di ogni male possibile – che
riportano alla mente le parole del soldato Chris Taylor nel film Platoon: “L’inferno è
l’impossibilità della ragione. Questo posto è così, è l’inferno”. Scenari apocalittici tanto più
angoscianti in quanto esplicitazione di una banalità del male di arendtiana
memoria.
E “come un cane che torna al
proprio vomito”,
l’uomo ricade senza soluzione di continuità nell’efferatezza irrazionale e
nichilista. A prova di ciò, un repertorio di empietà ben illustrato nelle
incisioni dei Disastri della guerra di Goya, ritoccate dagli irriverenti artisti, che vi
hanno aggiunto propri disegni. Nelle incisioni fa la sua comparsa la maschera
da clown che non cela ma rivela la stoltezza meta-storica di un’umanità
sconfitta e derisa, persino da un teschio vampiresco, putrescente e verminoso
che, memento mori,
non manca di riservarle uno sberleffo. Nulla di tragico in tutto questo, poiché
i Chapman si avvalgono sapientemente dell’ironia, che è “distacco della
passione”, per
dirla con Goethe, e “attuano uno scivolamento verso il grottesco” (Branà).
E dopo un gruppo di opere in
bronzo – materiale nobile, impiegato tradizionalmente per eternare la memoria,
qui dissimulato ad arte con una laccatura a base di vernici colorate lucide -,
tra cui la nota Death II, non potevano mancare i manichini in vetroresina, risalenti al ‘97,
anno di Sensation,
che incarnano un’umanità geneticamente modificata, in cui corpi adolescenziali
dallo sguardo candido e indifeso terminano con mostruose inflorescenze
policefale, intervallate da orifizi.
A conclusione del percorso,
l’ultima beffa: due sculture dei fratelli Yuri e Costantin Shamanov, falsa
identità sotto cui si sono celati i bad brothers in occasione della mostra presso
la Orel Art di Londra, nel 2009.
Storia del Premio Pino Pascali dal
1969 al 1979
Jan Fabre vincitore dell’edizione
2008 del Premio
Personale alla Project B di Milano
Jake e Dinos Chapman alla Tate
Britain
anna saba didonato
mostra visitata il 24 luglio 2010
dal 2 luglio al 19 settembre
2010
Jake & Dinos Chapman – A
little more nasty talk may yet be in order
a cura di Carlo Berardi
Palazzo Pino Pascali – Museo Comunale d’arte
contemporanea
Via San Vito,
40 – 70044 Polignano a mare (BA)
Orario: da martedì
a domenica ore 18-22 e su appuntamento
Ingresso
libero
Catalogo
disponibile
Info: tel. +39
0804249239; segreteria@museopinopascali.it;
www.museopinopascali.it
[exibart]
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