Macchie di colore che disegnano un paesaggio. Colore graffiato, mescolato, sovrapposto, materico. E’ questa la pittura di Giovanni Frangi, protagonista della mostra Take-Off con un nuovo ciclo di dipinti nati da una maturata visione del paesaggio.
Sono venti opere di due metri d’altezza e dieci disegni che ritraggono e interpretano la natura sotto un’ottica diversa, dove ogni orizzonte è annullato in nome di una prospettiva più ampia, che incarna gli esiti stilistici del passato dell’artista esaltandone le qualità e portandone all’estremo la grammatica pittorica.
Dalla Veduta del Lochness, opera che introduce la mostra, alle istantanee di Belforte, fino alle versioni di Gstaad, l’immagine sconfina da un dipinto all’altro dando l’impressione di catturare un paesaggio irreale, in cui l’accostamento dei colori rimanda ad una dimensione antinaturalista. Blu, giallo, arancio, si rincorrono sulla tela per trasmettere emozioni, sensazioni d’impatto, impressioni veloci che costruiscono i piani prospettici dell’immagine attraverso semplici masse. Sono colori caldi che disegnano i grandi volumi e lasciano le rifiniture alle tonalità più fredde dei neri e delle tinte marroni. Quello che interessa al pittore non sono i dettagli, ma le vedute d’insieme e le forme sommarie, indagate e svelate dalla luce, ultima chiave di lettura delle opere. Non è più un semplice paesaggio che diventa astrazione, ma è l’astrazione stessa che si fa paesaggio.
Come nei suoi precedenti cicli pittorici, Frangi lavora ai paesaggi avvicinandosi più del dovuto, dipingendo in maniera assolutamente istintiva, graffiando col pennello e sporcando la tela, distruggendo l’immagine con il dripping. E ancora aggiungendo ‘impronte’ di colore attraverso l’uso di fogli di giornale o spatolate di colla, disfacendo l’originale visione della natura per riappropriarsene a un livello più intimo. La pittura rimane così in uno stadio intermedio dove l’immagine è ancora riconoscibile, ma irrimediabilmente trasformata o addirittura sfaldata in una visione personale, più lirica.
“Si tratta di far avvertire il silenzio o i suoni della campagna oppure ancora la temperatura delle stagioni senza scadere nella letteratura.” scrive Demetrio Paparoni nell’introduzione al catalogo della mostra “È questa la magia della pittura, far sì che ciò che si vede nel quadro pesi tanto quanto ciò che non si vede e che pure si avverte”.
francesca ambroso
mostra visitata il 21 dicembre 2004
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Sono anchio un artista ma lavoro qui in Finlandia. Da anni sto cercando di inserire la tecnica dell´affresco-strappo.
La lontanaza ed il tempo necessario non mi ha permesso di avere un contatto con qualche galleria italiana. Come ben si sa; in Italia c´e una burograzia diversa.Oggi leggendo la posta la Exibart notavo l´articolo della vostra galleria,mi ha incuriosito i vari lavori di alcuni artisti, ma i lavori di Giovanni Frangi soprattutto. Complimenti per la tecnica e gli spazi naturali riportati con colori puliti ed estesi con sincerita e freschezza.
Saluti Meo Prencipe