Il personaggio che si è servito di questa definizione con l’evidente scopo di banalizzare l’iter e la filosofia progettuale dell’architetto Cucinella in realtà ha colto nel segno! Cucinella scopre l’acqua calda, o l’America a seconda delle preferenze, e lo fa con l’umiltà e l’intelligenza di chi raggiunge la consapevolezza, già di greci e latini, del nihil novi sub sole, cioè che non è necessario inventare nulla di nuovo, perché come egli dimostra nelle sue opere, ciò che serve affinché oggi un architettura sia corretta, affinché sia sostenibile, può bastare l’uso di tecniche e sistemi già utilizzati in passato da culture e popolazioni che con i problemi climatici si sono dovute confrontare da sempre: la costruzione di strutture ipogee, la realizzazione di laghi d’aria o di corridoi d’aria e luce che attraversano edifici di grande estensione, sono solo il perfezionamento e l’adattamento di tecniche antiche alle esigenze funzionali e tecnologiche e materiali della cultura e della società europea attuale.
Niente di nuovo sotto il sole, quindi e per fortuna: nessuna presunzione, nessuna volontà di sopraffazione della natura o di autoaffermazione, nessuna scelta di linguaggi formali forti capaci di nascondere il vuoto di principi etici che vi sta alla base, nessuna volontà di stupire, di far parlare di sé, di emergere a tutti i costi. La scoperta dell’acqua calda non è altro che il riconoscimento e l’accettazione di poche, basilari, semplici regole che informano un procedimento progettuale che ricorda a tutti quali sono i veri problemi che si deve porre l’architettura e l’uomo che tramite essa interviene a modificare gli equilibri naturali. Come un film o un libro che ci commuove perché ci ricorda quali sono le poche cose importanti della vita, così l’architettura di Cucinella, improntata a realizzare, ad affermare e a diffondere una nuova sensibilità e una nuova coscienza del processo architettonico stupisce e colpisce per la semplicità delle soluzioni e per la sobrietà del linguaggio, tanto che spesso la critica che gli viene mossa è quella di non saper creare un nuovo stile. Oggi però quello che serve non è certo una ricerca sulle forme dell’architettura, vista la pluralità di linguaggi e la molteplicità di sperimentazioni anche inutili che in questo senso si stanno sviluppando. Forse il vero e giusto punto di partenza è quello di chiedersi come l’architettura come può aiutare a riappropriarsi di quella dimensione umana che le città, le case, le strade sembrano avere perso, come sia possibile coniugare il benessere con la funzionalità e l’estetica. La terna vitruviana di venustas, utilitas e firmitas si trasforma per Cucinella in quella più attuale di clima, architettura, comfrot,dove per architettura non si intende semplicemente un edificio che sappia mostrarsi come esteticamente valido, ma un edificio intelligente, un edificio”aperto”, capace cioè di usare le risorse energetiche che la natura e il clima mettono a disposizione e capace di contenere al suo interno i sistemi impiantistici. Impianti e massa architettonica vengono a coincidere in una concezione del costruire che non dimentica la poeticità, ma anzi la riscopre e le da nuova forma nell’uso di elementi modulatori della luce o di torri che, sviluppandosi in leggere strutture metalliche richiamano alla memoria visioni metropolitane fantascientifiche.Tradizione e innovazione sono due termini di riferimento costante per un architetto che riesce a fare del problema energetico e ambientale odierno il punto di forza e, purtroppo, l’originalità del suo procedimento progettuale: ci si augurerebbe che, al giorno d’oggi, fossero molti di più gli architetti in grado di progettare con la coscienza che quello che fanno diventa necessariamente, nel bene e nel male, patrimonio comune, invece che dimenticarsi così facilmente che nessuna delle risorse e delle comodità di cui oggi disponiamo è gratuita e illimitata e che anche l’acqua calda è un privilegio.
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