L’Accademia di S.Luca ripercorre attraverso sessanta disegni i sessant’anni di attività di uno dei maestri dell’architettura italiana del Novecento. Si tratta di una selezione dall’imponente corpus di più di 4500 elaborati grafici dell’archivio di Mario Ridolfi, depositato in larga parte nel Fondo omonimo della stessa Accademia, di cui l’architetto romano fu presidente nel biennio ‘77-’78.
Diciamo subito che mancano i disegni relativi ai capolavori degli anni’30, le Poste di Piazza Bologna, vero punto fermo, insieme agli analoghi edifici di Libera e Samonà, nella storia dell’architettura italiana del ‘900, nonché il progetto per il concorso del Palazzo del Littorio in via dell’Impero, concorso che, nonostante un bando fumoso e velleitario, costituisce uno dei grandi eventi, forse non ancora adeguatamente indagato, della cultura architettonica del Ventennio.
Ma queste assenze sono sicuramente scelte deliberate dei curatori della mostra, che, ripercorrendo la carriera di Ridolfi e dei suoi collaboratori W. Frankl e D.
Non facciamoci ingannare, quindi, dalla prima opera esposta, nonché immagine promozionale della mostra, una metafisica veduta prospettica, tempera su cartone, di un progetto di chiesa nel messinese: d’ora in avanti troveremo soprattutto disegni esecutivi, tutti rigorosamente a mano libera, di progetti a varia scala, soprattutto residenziali, dalle palazzine alto-borghesi dei Parioli e di Villa Massimo, alla straordinaria stagione, nei primi anni ’50, dei Quartieri INA-Casa del Tiburtino, di Viale Etiopia, di Cerignola, con le relative ricerche urbanistiche e decorative nei dettagli delle ringhiere e delle maioliche; per finire con lo sfortunato progetto di un motel a Settebagni e il conseguente “esilio volontario” nella “Casa Lina” a Marmore, vicino Terni, dove, trascurato dal “grande giro dell’architettura” che rincorreva megastrutture ed assi attrezzati, Ridolfi si dedica alla ricerca sulle piante centrali, a stella, e sulle tecniche costruttive tradizionali del laterizio, lasciandoci tavole piene di particolari decorativi e di coppi ed embrici disegnati a scala 1:1.
Ma è proprio guardando al progetto “mancato” del motel di Settebagni, interpretato come una berniniana colonna tortile a pianta stellare, che avviene la riscoperta di Ridolfi da parte, tra gli altri, di Paolo Portoghesi e Francesco Cellini, che gli dedicheranno una personale nella post-modernista Biennale di Architettura del 1980.
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