Artemisia Gentileschi, Ercole e Onfale (ca. 1635-37), in fase di restauro da parte del conservatore capo del Getty, Ulrich Birkmaier. Sursock Palace Collections, Beirut, Libano. Foto: ©2022 J. Paul Getty Trust
Dopo tre anni di un complesso lavoro di restauro, Ercole e Onfale tornerà visibile al pubblico. Il dipinto di Artemisia Gentileschi, gravemente danneggiato nell’esplosione che il 4 agosto 2020 colpì Beirut, sarà presentato dal J. Paul Getty Museum di Los Angeles, in occasione di una mostra. L’opera, creduta perduta, era stata ritrovata all’interno di Palazzo Sursock, storica residenza libanese coinvolta dal tragico incidente che causò la morte di 215 persone e il ferimento di altre 7mila, devastando interi quartieri della capitale del Libano e provocando danni ingenti a numerosi palazzi.
Il dipinto è risalente agli anni ’30 del Seicento, periodo in cui Gentileschi lavorava a Napoli, e rappresenta la regina Onfale in una posizione di potere mentre domina Ercole, ribaltando i consueti ruoli di genere. A scoprirla, fu lo storico dell’arte Gregory Buchakjian, durante un sopralluogo tra le macerie di Palazzo Sursock, adiacente all’omonimo museo. La formazione della collezione risale agli anni ’20 del ‘900, con il matrimonio tra Alfred Sursock, membro di una ricca famiglia nobiliare, e Maria Teresa Serra di Cassano, una nobildonna di Napoli. Le opere conservate in casa, però, non avevano didascalie e diverse non presentavano nemmeno una attribuzione ma, secondo Buchakjian, almeno due – oltre a Ercole e Onfale anche una Maddalena penitente, che è stata esposta nel 2024 a Napoli – potevano essere riconducibili ad Artemisia Gentileschi, come poi è stato confermato.
Il dipinto è simile per dimensioni a un dipinto di Gentileschi con lo stesso soggetto elencato in un inventario del 1699 della collezione di Alonso de Cárdenas a Napoli. L’opera presenta anche notevoli somiglianze visive con opere note dell’artista, soprattutto nella resa dei gioielli di Onfale, come gli orecchini di perle.
«Riteniamo che Ercole e Onfale sia stato dipinto nella Napoli del 1630, dove Artemisia si trasferì nel 1630 e visse per il resto della sua vita. Quest’ultimo segmento della sua carriera è stato spesso trascurato e considerato un momento di declino della forza creativa di Gentileschi», ha affermato Davide Gasparotto, curatore senior dei dipinti del Getty. «Al contrario, Artemisia rispose con grande acume alle sfide dell’ambiente napoletano altamente competitivo, adottando una strategia di branding di successo e una pratica di laboratorio altamente innovativa, che le permise di ampliare la sua produzione in termini di scala, ambizione e soggetti».
L’intervento di restauro, che ha coinvolto due tra i più esperti restauratori internazionali, Ulrich Birkmaier e l’italiano Matteo Rossi Doria, ha permesso non solo di rimuovere i detriti dell’esplosione ma anche di recuperare la luminosità originaria, restituendo la forza espressiva e la raffinatezza cromatica del capolavoro.
«Nella mia trentennale carriera di restauratore di dipinti, questo è uno dei danni peggiori a cui abbia mai assistito ed è stato uno dei progetti più impegnativi ma gratificanti a cui abbia mai avuto il piacere di lavorare», ha dichiarato Ulrich Birkmaier, restauratore senior dei dipinti del Getty, in una nota. «È stato un po’ come assemblare un enorme puzzle: a poco a poco il dipinto è tornato in vita». Come spesso capita, il restauro ha portato alla scoperta di nuova particolari. «L’analisi ai raggi X non solo ha permesso di visualizzare alcuni dei cambiamenti apportati da Artemisia durante il processo di pittura, ma ha anche contribuito alla ricostruzione visiva di alcuni dettagli andati perduti nell’esplosione, quando vetri e detriti hanno frantumato diverse aree del dipinto».
L’opera sarà dunque presentata nella mostra Artemisia’s Strong Women: Rescuing a Masterpiece, in apertura al Getty il 10 giugno 2025, incentrata sulle figure di donne forti nell’opera di Gentileschi. Accanto a Ercole e Onfale, saranno esposte altre tele iconiche come Lucrezia, acquistata dal museo nel 2019 per 5,3 milioni di dollari, Susanna e i vecchioni, in prestito dalla collezione di Dick Wolf, e Autoritratto come martire.
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