particolare del Volto Santo dopo il restauro Courtesy: Ente Chiesa Cattedrale San Martino Lucca, photo Alcide
Il restauro del Volto Santo, il celebre crocifisso ligneo policromo custodito nella Cattedrale di Lucca, è giunto a compimento. Dal 13 settembre 2025 – giorno tradizionalmente legato alla festa della Santa Croce – l’opera sarà presentata alla città con una cerimonia, con la preghiera e la benedizione di Paolo Giulietti, Arcivescovo di Lucca, e resterà esposta fino all’estate 2026 all’interno del cantiere di restauro, in una visione ravvicinata e irripetibile. Successivamente tornerà nel tempietto marmoreo di Matteo Civitali, anch’esso in restauro dopo la scoperta di affreschi interni.
Il restauro, interamente finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, è stato promosso dall’Ente Chiesa Cattedrale di San Martino e diretto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sotto l’Alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Lucca Massa Carrara e Pistoia.
«L’immagine restituita al suo aspetto originario rafforza le valenze del Christus triumphans», ha sottolineato Paolo Giulietti: «Il colore liberato dalla patina di austerità torna a proclamare la gloria pasquale». «È un evento identitario per la comunità», ha affermato Massimo Marsili, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: una cura che «Custodisce valori di solidarietà e coesione».
Sotto ridipinture scure stratificate a partire dal XVII secolo, il restauro ha riportato alla luce la cromia storica del Cristo e della croce: incarnati del volto e delle membra, bordure in foglia d’oro alle maniche e all’orlo della veste, un raffinato girocollo (forse quattrocentesco), capelli e barba giallo-bruni. La veste riappare in un blu intenso a lapislazzuli di altissima qualità, con tracce di due ulteriori stesure coeve, a conferma della cura materiale riservata nel tempo all’immagine. Sulla croce, coeva al Cristo, sono riemersi un prezioso alfa-omega in oro su fondo azzurro e testimonianze di policromie precedenti nei toni del rosso e del blu, con motivi a fasce e palmette.
Particolarmente significativa la restituzione degli occhi in pasta vitrea: la sclera, occultata in età ottocentesca da bianco di zinco, è stata liberata e ulteriori analisi hanno attestato che la pasta fu ottenuta rifondendo vetri di epoca romana. Lo sguardo del Volto Santo, definito dalle fonti «Terribilis», ritrova così la sua intensità di Christus triumphans. Si tratta peraltro dell’unica scultura lignea dell’epoca, superstite, con occhi vitrei.
Ripristinata anche la leggibilità del grande nimbo semicircolare, dal diametro circa 240 cm, con 14 lastre d’argento sbalzato e cesellato con cherubini, nervature dorate e 384 gemme in pasta vitrea verde smeraldo e rosso rubino, ciascuna con fiore d’argento a quattro petali.
Le dimensioni monumentali del complesso hanno richiesto la separazione non distruttiva del corpo dalla croce, consentendo l’indagine della tecnica: il Cristo, svuotato sul retro lungo tutta la figura, è ricavato da un unico tronco di noce (testa verso la radice, gambe verso la chioma); la nuca è chiusa da un coperchio ligneo già rivestito da tessuto rosso, probabile sede di reliquie; l’ancoraggio originario prevedeva sei perni in quercia e cedro. La croce combina castagno e abete bianco. È stata progettata una struttura metallica di rinforzo, nel rispetto dei vincoli materici.
«Il restauro del Volto Santo era necessario», ha dichiarato Emanuela Daffra, Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure: «Affrontare un’opera che assomma in sé l’indubbio valore storico artistico e quello religioso e devozionale altrettanto indubbio rende il percorso ancora più complesso e obbliga ad esercitare un discernimento giudizioso in occasione di ogni singola scelta. È quanto si è fatto in questo caso, indirizzando costantemente le indagini e poi mettendone a frutto i risultati intrecciandoli con i dati storici e con quelli materiali che scaturivano dall’operare. Ora grazie all’attività di un gruppo coeso di professionisti eccellenti si restituisce una scultura non solo potente ed impressionante ma in grado di proseguire in sicurezza la sua storia millenaria, accompagnata da una messe di dati che offriranno ulteriori occasioni di studio».
Le campagne con radiocarbonio (INFN Firenze, 2020) hanno collocato l’opera tra fine VIII e fine IX secolo; le più recenti indagini dendrocronologiche (IBE-CNR, Firenze) datano con precisione il legno della croce all’860 circa. Tutte le evidenze convergono nel IX secolo, qualificando il Volto Santo tra i tre più antichi crocifissi lignei d’Occidente e il meglio conservato. Come osservato da Anna Maria Giusti, stringenti affinità legano l’opera al Crocifisso del Duomo di Sansepolcro (IX sec., datato al C14) e a quello di Tancrémont (Belgio), entro la costellazione carolingia in cui ricade anche Lucca dal 774.
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