Categorie: Arte antica

Il grande ritorno di Guido Reni, in mostra alla Galleria Borghese

di - 9 Marzo 2022

Una delle tante, meravigliose congiunture che hanno ciclicamente caratterizzato Roma, come centro catalizzatore dell’universo artistico, è quella che si verificò nei primi anni del Seicento, quando la città vide all’opera contemporaneamente tre giganti della pittura: Annibale Carracci, Caravaggio e Guido Reni. Mentre per i primi due questi ultimi anni sono stati ricchi di progetti dedicati, specialmente per il Merisi, per il terzo si è dovuto aspettare più di 30 anni: ora infatti si apre alla Galleria Borghese la monografica “Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura”, curata dalla Direttrice Francesca Cappelletti. La mostra, visitabile fino al 22 maggio, inaugura una serie di esposizioni internazionali sul pittore bolognese.

L’occasione è stata data dall’acquisto, nel 2020, de “La danza campestre”, dipinto realizzato nel 1605 e già appartenuto alla collezione Borghese prima di essere venduto nell’Ottocento e poi disperso, sparendo dai radar degli storici dell’arte fino al 2008, quando riapparve sul mercato antiquario londinese. Il ritorno “a casa” di quest’opera, opportunamente restaurata, è dunque l’occasione per riaccendere i riflettori su uno dei più grandi nomi della storia dell’arte italiana.

La mostra si snoda attraverso una trentina di opere e prende in considerazione un segmento ben preciso della sua produzione, quello del soggiorno romano che si è svolto, con diversi intervalli, tra il 1601 e il 1614. Il pittore che arriva a Roma da Bologna è già un artista maturo, che ha superato abbondantemente la ventina – è più o meno coetaneo di Caravaggio – e si ritrova in una città che si lascia alle spalle la piattezza della pittura post Concilio di Trento, grazie alla duplice rivoluzione innescata da Annibale e dal Merisi. Questi, insieme all’immancabile osservazione dell’antico, sono i suoi inevitabili punti di riferimento romani. Carracci è l’humus bolognese da cui in parte si forma, avendo anche frequentato la bottega di Ludovico, mentre il lombardo rappresenta la novità dirompente di cui tenere conto.

Sala Paolina Bonaparte – Paolo rimprovera Pietro Penitente

Ma una delle caratteristiche di Guido Reni è l’autonomia del suo stile: come i più grandi, manifesta fin da giovane la capacità di confrontarsi e metabolizzare in modo originale le più importanti istanze pittoriche con le quali entra in contatto, pur rimanendo sempre nell’alveo del classicismo più alto.

La mostra si apre in maniera scenografica, con il “Martirio di San Pietro” dei Musei Vaticani che accoglie il visitatore, sotto lo splendido soffitto tardo barocco affrescato da Mariano Rossi. Qui si può già intravedere il confronto con Caravaggio, uno dei temi dell’esposizione, che comunque rimane più su un piano lessicale, legato cioè all’utilizzo del chiaroscuro, che concettuale: più che la verità della natura, Guido ricerca una natura emendata da imperfezioni.

Un altro dei temi interessanti che emerge è invece il rapporto con la scultura antica: le sue figure esplodono all’interno dei dipinti, il plasticismo è molto sviluppato ma sempre all’interno di un perfetto equilibrio della composizione, come si può osservare in “Paolo che rimprovera Pietro penitente” di Brera e in “Lot e le figlie” della National Gallery di Londra. In questa prima sala si notano già alcune caratteristiche ricorrenti: l’equilibrio della composizione, realizzato spesso attraverso schemi triangolari di figure o gruppi, e gli splendidi cieli carichi di nuvole intervallate da sprazzi di azzurro, che è infatti il colore scelto per l’allestimento.

Sala di David – David e Golia

Il percorso espositivo si sviluppa nel primo piano della Galleria Borghese con poche opere, di cui molti capolavori, che si amalgamano bene con gli ambienti: una delle complicazioni nell’allestire una mostra in questo museo sta proprio nella ricchezza impareggiabile degli oggetti d’arte già presenti ma, in questo caso, il dialogo che si instaura è sorprendentemente efficace, soprattutto con le opere di Bernini, padrone di casa: nella sala del David, ad esempio, è stata collocata la tela proveniente dagli Uffizi con il medesimo soggetto. Nella scultura la tensione è al massimo e l’azione sembra stia per compiersi da un momento all’altro, nella tela l’eroe è rilassato e assapora il suo trionfo.

Sala Apollo e Dafne, Strage degli Innocenti

Più drammatica è la conversazione nella sala di “Apollo e Dafne”, dove il dio marmoreo che prova ad afferrare la ninfa trova un suo tragico corrispettivo nello sgherro di Erode che acciuffa per i capelli la donna nella straordinaria “Strage degli innocenti” della Pinacoteca di Bologna. Probabilmente questo è uno dei punti più alti della mostra, il dramma che il pittore sta raccontando è praticamente cristallizzato in un perfetto equilibrio compositivo: ma il visitatore può avvertire tutto il pathos di quel pugnale al centro della scena, perno intorno al quale sembrano muoversi tutte le altre figure e anche noi. Nonostante il colpo sia rimasto in sospeso da quattro secoli, è come se da un momento all’altro potesse andare a segno.

Guido Reni, Strage degli innocenti, 1611, olio su tela, 268 x 170 cm, su concessione del Ministero della Cultura-Pinacoteca Nazionale di Bologna, ph. Marco Baldassari, © su concessione del Ministero della Cultura – Pinacoteca Nazionale di Bologna

Al secondo piano, nella Loggia di Lanfranco, è stata collocata la “Danza Campestre”, appena restaurata, ed è l’occasione per una interessante chiosa sul tema del paesaggio tra i pittori di inizio Seicento come Agostino Carracci, Domenichino, Francesco Albani – con i suoi splendidi tondi – e Paul Bril. La mostra si chiude qui. Nel 1614, Guido Reni rientra definitivamente a Bologna dove, salvo qualche sporadico viaggio, rimarrà fino alla morte del 1642.

Loggia di Lanfranco

Grazie a una serie di prestiti eccellenti da parte di istituzioni come Musei Vaticani, Uffizi, Brera, Capodimonte, National Gallery di Londra, è stato possibile esporre alla Galleria Borghese il meglio della produzione romana di Guido Reni, artista che già in vita raggiunse fama e successo e che, anche nel corso dei secoli, godette sempre di altissima considerazione da parte della critica: elementi che, unitamente ai 30 anni abbondanti trascorsi dall’ultima monografica, rendono l’occasione per una visita abbastanza imperdibile.

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