Categorie: Arte antica

La National Gallery salva il suo Orazio Gentileschi, con fondi pubblici

di - 21 Dicembre 2019

In Gran Bretagna, il sentimento nazionale ha avuto la meglio e la National Gallery è riuscita ad aggiudicarsi all’asta un’opera di Orazio Gentileschi, grazie alle offerte pubbliche. 2 i milioni di sterline raggiunti attraverso le donazioni che, insieme ai 17 racimolati da fondazioni private e dall’Istituzione, hanno permesso l’acquisizione definitiva del Ritrovamento di Mosè. Il dipinto è stato esposto da quasi 20 anni nel museo di Londra, tanto che in molti pensavano si trattasse di un’opera della collezione, come specificato anche dal direttore, Gabriele Finaldi.

La raccolta di fondi è iniziata a novembre e in un tempo relativamente breve ha raggiunto la cifra prestabilita, una fantastica notizia per festeggiare il Natale. L’opera, infatti, rischiava seriamente l’esportazione, nonostante l’eccezionale rilevanza per il patrimonio culturale nazionale.

Non è la prima volta che in Gran Bretagna succedono eventi simili. Per esempio, nel 1993, suscitò grande scalpore l’acquisizione delle Tre Grazie di Antonio Canova da parte del Getty Museum di Malibu. Adesso, invece, anche grazie all’ampio movimento popolare, sotto l’hashtag #SaveOrazio, la storia è finita in modo diverso.

Il Mosè londinese di Orazio Gentileschi

Orazio Gentileschi era un artista piuttosto famoso all’epoca, nel solco del caravaggismo. Si spostò molto per l’Italia ma anche per l’Europa. Fu a Parigi, alla corte della Regina di Francia, Maria de’ Medici, e trascorsi gli ultimi anni di vita, dal 1926 al 1639, a Londra, alla corte di Carlo I. Non si può dire che gli ultimi anni furono particolarmente felici ma Orazio riuscì comunque a realizzare i suoi ultimi capolavori e, in particolare, il Ritrovamento di Mosè fu commissionato per celebrare la nascita del futuro Carlo II. E sappiamo quanto ci tengano alle questioni reali, da quelle parti. Il dipinto fu infatti esposto nella casa della Regina a Greenwich e molti hanno ipotizzato che il paesaggio fluviale sul lato destro assomigli più al Tamigi che al Nilo, dove dovrebbe chiaramente svolgersi la scena biblica.

Finaldi l’ha definita «Un’immagine molto inglese», rappresentativa della temperie culturale degli anni ’30 del XVI secolo, un periodo d’oro per l’arte inglese, grazie alla presenza di personalità del calibro di Rubens, Van Dyke e dello stesso Gentileschi. Senza considerare la figlia Artemisia, anche lei ospite a corte.

I milioni della National Gallery per salvare Orazio

L’opera era di proprietà di Graham Kirkham, imprenditore inglese, fondatore della DFS, grande società attiva nel campo dell’arredamento, e attualmente proprietario di una catena di supermercati in Islanda.

La National Gallery ha spiegato che un primo tentativo di acquisizione dell’opera di Orazio Gentileschi già fu effettuato nel 1995. La maggior parte dei fondi usati per l’acquisizione proviene da fonti proprie della National Gallery, nello specifico dagli American Friends della National Gallery, che hanno donato 8,5 milioni di sterline. 5 milioni provenivano dal National Gallery Trust e altri 500mila sterline da donazioni. Il National Heritage Memorial Fund ha donato 2,5 milioni, l’Art Fund ha effettuato una delle sue più grandi donazioni singole mettendoci 1 milione. I rimanenti 2 milioni di sterline sono stai racimolati attraverso la raccolta pubblica.

Forse la National Gallery sarebbe riuscita ad arrivare ugualmente alla cifra pattuita ma, in questo modo, l’acquisizione assume un significato molto diverso.

«Dai piccoli doni di poche sterline a quelli di molte migliaia, sono davvero elettrizzato dal fatto che così tante persone abbiano contribuito alla campagna», ha commentato Finaldi. La National Gallery ha dichiarato che il costo totale del dipinto è stato di 22 milioni di sterline ma il costo netto è stato di 19,5 milioni, grazie all’intermediazione di Sotheby’s e Pym’s Gallery.

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