Michaelina Woutiers, Trionfo di Bacco, 270,5 x 354 cm, 1643 - 1659
C’è stato un tempo in cui il nome di Michaelina Wautier non diceva molto neppure agli storici dell’arte. Poi, a partire dal nuovo millennio, il suo lavoro è riemerso dal cono d’ombra in cui era precipitato, mostrando l’audacia di una pittrice apprezzatissima nel Seicento, autrice di dipinti a tema storico e mitologico e ritratti caratterizzati da arguzia, innovazione e intuizione psicologica. Oggi il Kunsthistorisches Museum di Vienna celebra questa riscoperta con una grande mostra che la presenta finalmente accanto ai maestri con cui merita di essere confrontata: Peter Paul Rubens e Anthony van Dyck. In apertura il 30 settembre 2025 e visitabile fino al 22 febbraio 2026, l’esposizione raccoglie un totale di 80 opere, tra cui 31 della stessa Wautier – 29 dipinti, un disegno firmato e una rara stampa da un dipinto perduto – molte delle quali provenienti da collezioni private e mai esposte prima al pubblico.
Realizzata in collaborazione con la Royal Academy of Arts di Londra, la mostra di Vienna offre l’occasione di conoscere la complessità di Michaelina Wautier, artista che non si lasciò includere dai generi riservati alle donne del suo tempo, principalmente nature morte o ritratti di piccolo formato, ma che osò affrontare i grandi temi della pittura di storia, cimentandosi, tra l’altro, con la nudità maschile con una sicurezza che spiazzava e scandalizzava.
Nata a Mons intorno al 1614, in una famiglia numerosa e colta, Michaelina si trasferì a Bruxelles con il fratello pittore Charles Wautier, con il quale condivise la casa e forse l’attività di bottega. La sua formazione rimane avvolta nel mistero: non sappiamo se fu Charles a insegnarle a dipingere o se avesse già maturato competenze a Mons.
Ciò che è certo è che a Bruxelles entrò in contatto con la nobiltà collezionista e fu capace di conquistare persino l’arciduca Leopoldo Guglielmo d’Austria, raffinato intenditore e attivissimo committente, che acquistò almeno quattro suoi dipinti per la celebre collezione oggi conservata al Kunsthistorisches Museum.
Nel 1649 firmò con orgoglio Michaelina Wautier invenit et fecit il suo Matrimonio mistico di Santa Caterina, rivendicando l’intera ideazione dell’opera, un gesto raro e significativo per una donna pittrice del tempo. L’anno successivo realizzò il monumentale Trionfo di Bacco, considerato il suo capolavoro: una tela di oltre tre metri in cui raffigurò un corteo bacchico animato da figure maschili di varie età e corporature e quasi nude, rese con una conoscenza anatomica che la pose all’avanguardia rispetto alle sue contemporanee. Proprio per questo, la critica la riconosce oggi come la prima pittrice ad affrontare il nudo maschile con disinvoltura. E in mezzo al tripudio dionisiaco, Michaelina non esitò ad auto-ritrarsi, unico sguardo femminile – per nulla intimorito! – che incontra quello dello spettatore.
Accanto ai grandi soggetti mitologici, l’artista dimostrò grande versatilità, come nel caso di Due giovani donne come Santa Agnese e Dorotea, una combinazione di un ritratto e di un dipinto di storia religiosa. Wautier combina i volti dolci e delicatamente dipinti delle ragazze con una pittura densa che mette in rilievo le pieghe delle loro vesti. Le due giovani donne sembrano guardare al proprio futuro, come se fossero già consapevoli della morte che le attende a causa della loro fede.
Eppure, dopo la sua morte nel 1689, la fama di Michaelina Wautier si dissolse rapidamente. Le sue tele vennero attribuite ad altri, spesso a suo fratello Charles ma anche ad autori come van Dyck o Jacob van Oost il Vecchio. La damnatio memoriae che colpì molte artiste del passato relegò anche lei nel silenzio, fino alle prime riscoperta critiche del Novecento e, soprattutto, alla retrospettiva di Anversa del 2018, curata da Katlijne Van der Stighelen, che l’ha restituita al dibattito internazionale. La nuova mostra a Vienna rappresenta un’occasione per riscrivere un capitolo necessario della pittura fiamminga del Seicento, un Barocco che, accanto ai giganti Rubens e Van Dyck, seppe accogliere anche la voce di Michaelina Wautier, una donna che dipingeva senza concessioni.
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