A Cavalese l’arte si fa gesto collettivo: Marinella Senatore in mostra

di - 22 Dicembre 2025

Salendo dal centro storico di Cavalese verso la piazzetta Rizzoli, ci si parano dinnanzi degli elementi quasi alieni che troneggiano al centro dello spazio, spezzando con la propria imponenza il consueto panorama da paesino montano. Si tratta di cinque gonfaloni variopinti e tessuti artigianalmente, sostenuti da pali di abete locale, che raffigurano boschi, mani, sagome di corpi e folle in marcia verso un orizzonte sconosciuto.

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Portano sul proprio tessuto scritte in inglese, in ucraino, in tedesco e in persiano, con frasi legate al senso di comunità: «We raising by lifting others» (Ci eleviamo sollevando gli altri), «Community power is the belief that people should have a say over, the place in wich they live» (Il potere della comunità è la convinzione che le persone debbano avere voce in capitolo sul luogo in cui vivono), «Versuch mit menschen, nett zu bleiben, du weisst nicht was die anderen leiden» (Cerca di essere gentile, non sai quello che gli altri stanno passando). È questo il vero incipit della mostra di Marinella Senatore, che con There is so much we can learn from the sun approda al Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese (fino al 6 aprile 2026) all’interno del programma Combinazioni_caratteri sportivi dell’Assessorato alla Cultura della Provincia autonoma di Trento, sviluppato nell’ambito dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026. Artista italiana tra le più note a livello internazionale, dopo progetti pubblici diffusi in tutto il mondo (memorabile la grande installazione della sezione Unlimited ad Art Basel 2025), presenta nel museo trentino una retrospettiva che parte dai primissimi lavori fino ad arrivare a opere inedite.

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Estesa sui tre piani dello storico Palazzo Rizzoli, la mostra si configura non solo come un affondo di portata museale sul lavoro dell’artista fondatrice della School of Narrative Dance (SOND), ma come un omaggio alla comunità montana che si interseca a brani intimamente autobiografici, come nel caso del calco delle sue mani in vetro – Autoritratto, 2022 – in dialogo con il paesaggio retrostante. La porosità tra interno ed esterno, tra pratica autoriale e pratica partecipativa, tra artista e comunità rappresenta lo scambio umano ed energetico alla base della sua ricerca, caratterizzandone l’intero progetto. «Quando ho saputo che l’Olimpiade sarebbe passata da qui, il mio primo pensiero è andato a Marinella Senatore», racconta la direttrice del museo Elsa Barbieri. «Appena abbiamo capito che il progetto si sarebbe potuto realizzare, abbiamo iniziato a lavorare partendo dalla comunità. Il desiderio è che il museo sia sempre più vissuto, non solo per i turisti, ma soprattutto per chi abita e chi resta. Voglio che il museo sia per loro. Quando Marinella ha lavorato con i Cavalesani durante il workshop è stato come si conoscessero da sempre».

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Ne è testimonianza diretta There is so much we can learn from the sun, il collage a nove elementi che dà il nome alla mostra, tra le prime opere che incontriamo nel percorso espositivo: sulla superficie a fondo oro si stagliano elementi vegetali e architettonici, scene di roghi, sagome di donne e uomini. Ogni dettaglio è riconducibile alla storia di questo luogo, frutto del workshop tenutosi a Cavalese in cui l’artista ha coinvolto un gruppo di abitanti per condividere pensieri, idee, suggestioni e ispirazioni da cui è nato un vero e proprio autoritratto collettivo. «Le realtà come quella di Cavalese sono ciò che mi sento di proteggere e aiutare con la mia rilevanza internazionale» racconta l’artista. «Perché non sono solo luoghi lontani dai consueti centri dell’arte, ma sono realtà in cui lo spirito di comunità si percepisce in modo autentico. Tutta la mia pratica si basa sulla partecipazione. Questo non significa solo fare arte assieme agli altri, ma mettere al primo posto il coinvolgimento emotivo e politico». E prosegue, a proposito dell’opera esposta: «Ho lavorato con circa 9 milioni di persone negli ultimi 20 anni, ma ho sempre tenuto il collage per me. Questa è la prima volta che apro questo linguaggio al lavoro collettivo». La mostra There is so much we can learn from the sun al Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese rappresenta una rara occasione di fruire di una riflessione profonda del concetto di autorialità secondo Marinella Senatore.

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Lo si vede tanto nella pittura stratificata da innumerevoli gesti e pigmenti materici, quanto nelle luminarie dense di motti collettivi, riprese dalle tradizioni popolari del sud Italia e diffuse in tutto il mondo tramite disparati progetti partecipativi. Le mani, i gesti e l’energia dei corpi in movimento sono gli elementi figurativi che costituiscono un vocabolario visivo coerente anche attraverso linguaggi lontani fra loro. Tra questi, la luce assume un’importanza preponderante: dai fondi oro di memoria bizantina alle sculture luminose in vetro, fino ad arrivare alle più note luminarie, la luce si insinua tra le opere facendosi ponte con la comunità, diventando linguaggio sacro, di celebrazione e di affermazione di esistenza all’interno dello spazio pubblico.

Workshop, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Un messaggio ben incarnato dall’installazione circolare Alliance des corps, posta non a caso all’ingresso del museo, sul livello della strada. La frase, tratta da uno scritto della filosofa contemporanea Judith Butler, corona un podio anti-eroico sul quale tutti possono salire «senza nessun merito in particolare, se non quello di esistere», spiega l’artista. There is so much we can learn from the sun è un percorso sorprendente per coerenza e visione, un cammino che porta con sé il sapere collettivo di una comunità e l’esperienza di tutte quelle che l’hanno preceduta.

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Un progetto trasformativo che ha molto a che fare con l’incontro universale con l’opera d’arte, per dirla con le parole dello storico dell’arte e filosofo francese Georges Didi-Huberman: «Le emozioni, essendo moti, movimenti, commozioni sono anche trasformazioni degli individui che si commuovono. Trasformarsi è passare da uno stato all’altro», scrive, in un passaggio del suo saggio Che emozione! Che emozione?. «Siamo dunque rinsaldati nella nostra idea che l’emozione non può definirsi uno stato di pura e semplice passività. Ed è sempre attraverso le emozioni che possiamo, forse, trasformare il nostro mondo, a condizione naturalmente che esse si trasformino a loro volta in pensieri e in azioni».

Installation view, Marinella Senatore, Cavalese, ph Mazen Jannoun

Nata a Pesaro nel 1991, è laureanda nel corso di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali presso l'Accademia di Brera. È residente a Milano dove vive e lavora come giornalista freelance per diverse testate di arte, concentrandosi sul panorama contemporaneo tramite news, recensioni e interviste su online e cartaceo. Oscilla tra utopia e inquietudine; ancora tanti sogni da realizzare.

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