Amalia Vekri, I woke up but you were not there, 2023
Sei tele, originarie del ciclo pittorico che Amalia Vekri – ispirandosi alla figura della ninfa Anguana – ha creato nel periodo trascorso in residenza a Cascina I.D.E.A. di Nicoletta Rusconi Art Projects, sono esposte questa sera (dalle 17 alle 21) nello storico spazio di Viafarini, in Via Carlo Farini 35 a Milano.
Metà donna e metà pesce (o rettile), la ninfa ispiratrice di Amalia Vekri vive nelle zone lacustri e vicino alle cascate, protegge le acque e mantiene un profondo legame con la sua animalità e con tutto il mondo naturale, sviluppando un radicato legame con la spiritualità. A tal proposito, proprio Amalia Vekri ci raccontava (qui l’intervista) che: «Gli esseri femminili dei miei dipinti sono alla ricerca della spiritualità. Cercano di esplorare ed espandere i loro limiti carnali e psichici, di liberarsi dai loro confini umani entrando in un mondo immateriale e senza tempo. Cercano di staccarsi dalla logica comune e di aprire il proprio io trascendendo in un’altra sfera che supera e unifica le contraddizioni che ci circondano».
Se proviamo a chiedere ad Amalia che cosa sia per lei la spiritualità, ci spiega: «Per me la spiritualità consiste nel cercare di capire se stessi e la propria posizione nel mondo. Si tratta anche di cercare di afferrare e assaporare tutte le cose mistiche che formano questo mondo. Credo che sia una ricerca che inizia quando si nasce e che si rafforza man mano che si cresce». E come, le chiediamo, questa ricerca della spiritualità è entrata nella sua vita? E, ancora, come l’ha tradotta, in termini artistici sulla tela? «Credo che sia una ricerca che inizia quando si nasce e che si rafforza man mano che si cresce. Per me la pittura è come un’immagine magica. Hai sempre una prima idea, ma non sei mai sicuro del risultato finale. C’è qualcosa di interiore che viene fuori sulla tela e che molto spesso è difficile da spiegare».
In Viafarini le opere di Vekri sono esposte come metafore della potenza e dell’energia femminile insieme ai lavori degli artisti che da settembre a oggi hanno condiviso gli studi. Mattia Barbieri indaga con ironia il concetto di icona, Ana Julia Vilela riflette su un’idea di pittura espansa, Fabio Perino e le suggestioni poetiche nascono dall’incontro di oggetti comuni, Carolina Papetti lavora sulla performatività del corpo, Cecilia Maran esplora le potenzialità dell’incisione contemporanea, Eva Chiara Trevisan percorre le qualità materiche del pigmento. E poi Kristian Sverdrup fissa con l’acquerello piccole epifanie urbane, Viktoria Kurnicki indirizza il suo lavoro su linguaggio, memoria e identità, Markus Lauterbach dà forma in realtà aumentata al tema della violenza domestica, Shaikha Al Salman e Hassana Arif filmaker si interrogano sulla sostenibilità sociale del fare arte, Kalina Horon indaga sulla matrice del segno in pittura, Weronika Grzes lavora su ritratto e identità e Alessia Armeni fissa su tela il suo raffinato inventario di forme e colori. Presso l’Archivio alla Fabbrica del Vapore Elettra Gorni ricerca sull’educazione attraverso il fare artistico, Fabiana Lanza studia stilemi e identità delle comunità urbane e Nick Landucci presenta la sua installazione site specifc in dialogo con l’intelligenza artificiale.
Amalia Vekri e gli artisti in residenza si incontrano, le loro ricerche e le loro opere si toccano. Su quel terreno delle relazioni umane, che fluttuano come gli individui coinvolti. La maggior parte della figurazione di Amalia si concentra sul viaggio. Quale? – le chiediamo. «Il viaggio attraverso la vita stessa, con tutte le sue imprevedibilità e sorprese. Crescendo ci si trova in un’infinità di situazioni che creano maggiore consapevolezza e conoscenza e, a seconda delle informazioni/esperienze accumulate, segnano chi diventiamo in ogni diversa fase del nostro essere. È un viaggio continuo fino alla fine», conclude Amalia.
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