Frida bitting necklace, by Lucienne Bloch
Trent’anni e vederli scorrere tutti, fotogramma dopo fotogramma, anzi, approfondirli nelle storie, tra gli sguardi e le suggestioni che la creatività, nelle sue diverse espressioni, può trasmettere attraverso il grande schermo. Artecinema, il festival internazionale di documentari sull’arte contemporanea ideato e diretto da Laura Trisorio, festeggia il suo anniversario, dal 9 al 12 ottobre 2025: la rassegna aprirà, come da tradizione, al Teatro San Carlo di Napoli, giovedì 9, con l’anteprima nazionale del film Jean Cocteau di Lisa Immordino Vreeland. Tra anteprime mondiali, europee e nazionali, 27 saranno i titoli in cartellone, dedicati a protagonisti e protagoniste che hanno ridefinito i linguaggi dell’arte, della fotografia e dell’architettura, che si susseguiranno, nei giorni successivi, negli spazi del Teatro Augusteo.
Quest’anno, il festival accende i riflettori su figure come Frida Kahlo, Louise Bourgeois, Sophie Calle e Cini Boeri, autrici che hanno trasformato il modo di rappresentare il corpo, l’identità e lo spazio. Accanto ai ritratti poetici e ai documentari d’autore, non mancano le riflessioni sul presente: dal mercato dell’arte digitale degli NFT al racconto di una generazione di artisti impegnati nel sociale, fino alle questioni di genere e alla memoria dei conflitti.
Ma Artecinema è anche un progetto culturale e civile che, da tre decadi, porta l’arte fuori dai luoghi istituzionali, incontrando scuole, università e comunità marginali. Un festival che, come ci racconta Laura Trisorio in questa intervista, continua a credere nella forza del cinema come esperienza collettiva, nella condivisione come atto di resistenza e nella meraviglia come forma di conoscenza.
Come nacque l’idea di Artecinema e quale fu la scintilla che la spinse a fondare un festival così particolare? Quali sono stati, a suo avviso, i momenti di svolta nella storia del festival?
«Scoprii per la prima volta i documentari d’arte agli inizi degli anni Novanta e ne rimasi subito affascinata. All’epoca erano poche le occasioni per poterli vedere. Mi nacque così il desiderio di condividerli, di mostrarli agli amici, agli studenti, alla città e arrivò la scintilla di Artecinema. Era il 1996, avevo 28 anni e una grande passione. Pensai che un festival dedicato esclusivamente a questo genere potesse colmare un vuoto, creare un ponte tra artisti, critici, appassionati e, soprattutto diffondere l’arte a un pubblico più ampio.
Nei primi anni ci ospitò l’Istituto francese di Napoli ma il successo fu tale che dovemmo spostarci di anno in anno in teatri sempre più grandi. Avevamo bisogno di spazi accoglienti dove le persone potessero incontrarsi parlare con i registi e gli artisti protagonisti, scambiarsi idee, fare comunità. E così da una sala di 200 posti, passammo ai teatri più grandi della città come il Teatro San Carlo e l’Augusteo che accolgono oltre 1300 spettatori. Negli anni la notorietà del Festival è cresciuta a livello internazionale grazie soprattutto alla selezione accurata dei documentari ma anche all’atmosfera unica che caratterizza Artecinema. I registi e gli artisti che vengono a Napoli da tutto il mondo per presentare i loro film ripartono sempre entusiasti dell’esperienza e del calore del pubblico».
Artecinema compie 30 anni. Secondo lei, qual è il contributo più importante che il festival ha dato al panorama dell’arte a Napoli, nel corso di questo lungo tempo?
«Facendo un bilancio dopo trent’anni mi sembra che il contribuito più importante sia quello di aver fatto avvicinare all’arte un’intera generazione ma anche tante persone fuori dal circuito che si sono appassionate proprio grazie ad Artecinema.
Il merito del festival è quello di aver portato l’arte contemporanea fuori dai suoi spazi tradizionali rendendola accessibile a tutti. Abbiamo resistito negli anni – trovando per fortuna sponsor pubblici e privati che hanno creduto nel progetto – per far sì che l’ingresso alle proiezioni potesse restare gratuito. Lo consideriamo un dono alla città».
La 30ma edizione dedica ampio spazio a figure femminili come Frida Kahlo, Louise Bourgeois e Sophie Calle. Quanto conta oggi portare sul grande schermo storie di artiste che hanno trasformato l’arte e la società?
«Quest’anno dedichiamo ampio spazio ad artiste che hanno trasformato radicalmente non solo il linguaggio artistico, ma anche il modo in cui pensiamo il corpo, la memoria, l’identità. Raccontare le loro storie oggi è fondamentale: non solo per rendere omaggio alla loro opera, ma per ricordare quanto hanno dovuto lottare, quanto siano stati difficili i loro percorsi per essere riconosciute, e come la loro arte sia diventata strumento di emancipazione e di riflessione collettiva. La storia dell’arte è fatta soprattutto di protagonisti maschili, basta aprire i libri di scuola per rendersene conto, perciò ci fa piacere contribuire a una narrazione diversa».
Grazie anche alla gratuità delle tre giornate al Teatro Augusteo, Artecinema ha sempre mostrato una speciale apertura a diversi pubblici – di appassionati ma anche di curiosi e di neofiti – intrecciando proiezioni d’autore e impegno sociale, coinvolgendo scuole, università e realtà considerate marginali. Quanto sarà centrale questa dimensione partecipativa nel futuro del festival? Quali saranno le sfide delle prossime edizioni?«
Uno degli aspetti che più caratterizzano Artecinema è la sua apertura, la sua inclusività, la partecipazione attiva di scuole, università, istituti di cultura, realtà marginali come le carceri. Crediamo fortemente che l’arte, se condivisa, possa essere motore di crescita e trasformazione. Per questo, la dimensione partecipativa e sociale resterà centrale anche nelle prossime edizioni. Le sfide non mancano: ampliare ancora di più la rete territoriale, dialogare sempre di più con i giovani, sperimentare nuovi format senza tradire l’identità del festival, che è quella di raccontare l’arte come esperienza viva, come atto di verità, come possibilità di cambiamento».
Artecinema rappresenta anche un’occasione di incontro. In un’epoca in cui la fruizione è sempre più individuale e digitale, quanto è importante sedersi in sala insieme agli altri a guardare un film (anche se la sperimentazione della piattaforma streaming di qualche anno fa fu molto interessante)?
«Sedersi accanto a sconosciuti, guardare insieme un film, percepire le reazioni del pubblico, discutere dopo le proiezioni, crea un legame emotivo e un’energia che il digitale non può sostituire. In un’epoca sempre più individualistica, Artecinema continua a credere nella magia dell’incontro e attorno al festival si è creata una comunità che aspetta ogni anno impaziente l’arrivo della nuova edizione. Artecinema è diventato casa.
L’esperimento della piattaforma streaming ci ha dato risultati interessanti soprattutto durante la pandemia, quando il contatto diretto non era possibile. Ma nulla può replicare l’esperienza collettiva del cinema in sala».
Per il programma completo di Artecinema 2025, si può cliccare qui.
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