Wade Guyton, Untitled, 2025, Epson UltraChrome HDX inkjet on linen, each 91.4 x 68.6 cm (36 x 27 inches)
Dopo 35 anni di attività, la Galerie Francesca Pia annuncia la chiusura definitiva, alla fine di ottobre 2025. Fondata a Berna nel 1990 dall’omonima gallerista, lo spazio era diventato nel tempo uno dei punti di riferimento della scena svizzera e internazionale, con una presenza costante ad Art Basel per ben 24 edizioni e un programma che ha contribuito a definire il linguaggio di una generazione di artisti.
Nata e cresciuta nella campagna fuori Berna, Francesca Pia raccontava in un’intervista del 2020 all’Independent Magazine di non aver mai pianificato di aprire una galleria: «Un amico me lo chiese. È stato un momento insieme euforico e difficile. Avevo intorno tanti artisti che amavo, ma sapevo di non poterli mostrare tutti». Tra loro, figure poi divenute centrali come Hans-Peter Feldmann, Josef Strau e Mai-Thu Perret.
Nel 2007, la sede di Francesca Pia è stata trasferita da Berna a Zurigo, per poi approdare nel 2012 al Löwenbräukunst-Areal, accanto a Kunsthalle Zürich, al Migros Museum für Gegenwartskunst e ad Hauser & Wirth. Dal 2023, la galleria occupava un nuovo spazio in Limmatstrasse 270.
L’ultimo capitolo si è chiuso simbolicamente con l’artista americano Wade Guyton, che Francesca Pia fu tra le prime a rappresentare. Il 25 ottobre la galleria ha ospitato un finissage aperto al pubblico: «L’artista sarà presente!», recita il comunicato firmato da Francesca Pia e dal team della galleria. L’installazione comprendeva otto recenti dipinti di grande formato e due nuove sculture in metallo, calchi di due tubi di cartone avvolti in Tyvek, utilizzati per conservare i dipinti a strisce rosse e verdi che Guyton aveva presentato in galleria nel 2011.
«Quando l’artista ha recentemente reinstallato queste lunghe tele alla Bechtler Stiftung di Uster e alla Langen Foundation di Neuss, in Germania, ha scoperto che dopo più di dieci anni di conservazione i tubi si erano leggermente incurvati, facendo sì che il Tyvek si piegasse e si increspasse. Questi minimi effetti di gravità, umidità e deterioramento del materiale avevano provocato leggere pieghe nei dipinti, ma anche trame più marcate nel Tyvek stesso», racconta la galleria.
La chiusura di Francesca Pia si inserisce in una scia di cessazioni e ridimensionamenti che, nel corso del 2025, sta ridisegnando il panorama delle gallerie di medio e alto profilo. Nomi come Tim Blum, Adam Lindemann e Oliver Babin hanno recentemente interrotto le proprie attività, mentre realtà di lunga tradizione – tra cui Pace, Almine Rech e Kasmin – hanno ridotto la programmazione. Un segnale di un rallentamento più profondo, che non fa capo solo ai bilanci ma al senso stesso del ruolo delle gallerie in un sistema sempre più polarizzato tra mega-brand globali sempre più potenti e spazi no profit dal respiro corto.
La chiusura di Francesca Pia non rappresenta soltanto la fine di un percorso personale ma un sintomo più ampio di un cambiamento nel mercato dell’arte, un passaggio in cui la resistenza individuale, per quanto lucida e appassionata, a volte non basta più.
In ogni caso, questi eventi critici si riflettono su tutta la fiera, arrivando anche alle grandi manifestazioni. Art Basel Miami Beach ha perso almeno otto gallerie nella sezione principale rispetto all’elenco pubblicato durante l’estate. Due spazi, Altman Siegel e Tilton, non figurano più perché hanno chiuso tra il 28 luglio – data della pubblicazione ufficiale della lista da parte della fiera – e oggi. Un altro cambiamento riguarda la galleria Kasmin, che ad agosto ha assunto il nuovo nome Olney Gleason, con cui parteciperà comunque alla manifestazione. Altre gallerie di rilievo, invece, sembrano aver rinunciato per ragioni diverse. Tra queste figurano Miguel Abreu, Chantal Crousel, Alison Jacques, Peter Kilchmann, Edward Tyler Nahem, Luisa Strina e anche l’italiana Lia Rumma.
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