Il respiro nascosto delle cose: una mostra per ricordare Hélène de Franchis

di - 19 Settembre 2025

Si inaugura oggi, venerdì 19 settembre alle 18, a Palazzo Oldofredi Tadini Botti di Torre Pallavicina, Bergamo, la mostra Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, visitabile fino al 2 novembre. A cura di Alberto Fiz, l’esposizione riunisce 13 artisti di generazioni e linguaggi diversi – Stuart Arends, Gabriele Basilico, Eelco Brand, Luigi Carboni, Vincenzo Castella, Arthur Duff, Anna Galtarossa, Herbert Hamak, Jacob Hashimoto, Emil Lukas, Julia Mangold, Hiroyuki Masuyama, Franco Passalacqua – legati alla storia della galleria veronese Studio La Città, fondata da Hélène de Franchis, scomparsa di recente.

La rassegna intende rendere omaggio a una figura che ha segnato con scelte radicali e indipendenti il panorama dell’arte contemporanea dagli anni ’90 in avanti. Il titolo richiama una mostra organizzata dalla stessa de Franchis nel 2001, a suggerisce una continuità di intenti: indagare l’arte come esperienza intima e attitudine allo svelamento di atmosfere e impressioni al di là dell’apparenza.

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

La visione di chi arriva prima: un ricordo di Hélène

«I mercanti si dividono in due categorie: quelli che vanno dietro al gusto del momento (la maggior parte) e quelli che lo creano. Hélène apparteneva a questa seconda categoria. Era una donna libera, colta e coraggiosa che detestava ogni forma di banalità o di convenzione. Ma soprattutto sapeva guardare lontano senza mai accodarsi a scelte facili, commercialmente convenienti o a movimenti metabolizzati», così Alberto Fiz ricorda de Franchis.

«Non si è mai occupata della Transavanguardia e mentre andava di moda l’Arte povera ha promosso la pittura analitica pur condividendo un rapporto di stima e amicizia con Pier Paolo Calzolari e Giulio Paolini a cui ha dedicato diversi progetti. Nel 1973 infatti ha realizzato la mostra Io non rappresento nulla, io dipingo che riprende uno slogan di Giorgio Griffa», ci ha raccontato il curatore della mostra a Palazzo Oldofredi. «Ma Hélène era una visionaria e generalmente arrivava prima degli altri. Negli anni Settanta è stata tra le prime in Italia a comprendere la potenzialità delle fiere e già nel 1974 era presente alla mostra-mercato di Düsseldorf per poi approdare l’anno dopo a Art Basel dove ha esposto ininterrottamente sino al 2011. Quando le fiere hanno iniziato ad essere troppo di moda, eccessivamente seriali e omologate, le ha abbandonate.

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

Nel 2007 ha avuto il coraggio di spostarsi dal centro di Verona scegliendo uno spazio industriale, cosa che andava di moda a New York ma non certo nella città di Giulietta. E anche quella intuizione si è rivelata un successo, così come inaugurare il sabato alle 12 con un grande buffet preceduto da un talk, diventato nel corso del tempo un appuntamento fisso per i collezionisti e chi non sedeva al suo desco provava un senso di frustrazione. Quando nel 2019 era giunto il momento delle celebrazioni, per festeggiare i cinquant’anni della galleria, con l’ironia e il sottile sarcasmo che la contraddistinguevano, ha intitolata la sua mostra Quello che non ho venduto. La sua forza è sempre stata quella di non adeguarsi suggerendo lei abitudini e stili che sono diventati consueti.

E così ha fatto con gli artisti dove ha privilegiato Il respiro nascosto delle cose, il titolo della mostra che s’inaugura a Palazzo Oldofredi Tadini Botti a Torre Pallavicina, un suggerimento che ho ritrovato in una sua rassegna del 2001. Ma questo era davvero il suo metodo d’indagine, il suo modo di relazionarsi con l’arte: scoprire ciò che si cela sotto la superficie in un’esplorazione intima e per certi solitaria. Del resto, Hélène ha sempre apprezzato gli artisti che non erano classificabili, che agivano in autonomia andando alla ricerca di una dimensione propria. Intorno a lei si è sviluppata una poetica segreta, privata, confidenziale in grado di accogliere autori di provenienza diversa, com’è accaduto a due tra i suoi pupilli Jacob Hashimoto e Herbert Hamak.

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

Con questo spirito è stata realizzato il progetto di Torre Pallavicina e in uno spazio suggestivo ma fuori dall’ufficialità, vengono accolti 13 artisti e 45 opere in grado di sviluppare una mostra diffusa che coinvolge ambienti differenti, come le sale affrescate del quattrocentesco Palazzo Oldofredi, il loggiato, la chiesetta sconsacrata di San Rocco e le cantine in mattoni con le volte a botte. Ne è nata in pochissimo tempo, sull’onda dell’entusiasmo, una rassegna che accoglie lavori inediti come quelli di Anna Galtarossa e Arthur Duff, ma soprattutto presenta un percorso imprevedibile e sorprendente con una serie di provocazioni (basti pensare alla strana coppia Emil Lukas-Gabriele Basilico, all’accostamento tra Vincenzo Castella e Luigi Carboni o alle due opere a quattro mani realizzate da Stuart Arends insieme a Hélène) che diventano interrogativi sull’arte e sulla creazione. Al di là di ogni schema precostituito. Come sarebbe piaciuto a Hélène».

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

Il percorso espositivo

Al piano nobile del palazzo cinquecentesco, l’astrazione ambigua di Stuart Arends si confronta con le sculture geometriche e monocrome di Julia Mangold. In mostra compaiono anche due piccole opere realizzate da Arends insieme a de Franchis, in un gioco ironico e affettuoso di impronte e colori. La fotografia di Gabriele Basilico, che riflette sull’architettura urbana, trova un contrappunto nelle stratificazioni immaginarie di Emil Lukas, mentre Vincenzo Castella mette in tensione gli affreschi rinascimentali del palazzo con le sue fotografie di Mantegna. Luigi Carboni accentua gli effetti illusionistici con il dittico Lezione bianca.

All’esterno, i totem modulati di Franco Passalacqua dialogano con affreschi evanescenti, mentre nelle cantine medievali tre ambienti distinti ospitano interventi site specific: Anna Galtarossa con l’installazione inedita Dungeon Lullaby; Arthur Duff con PREDA, un’opera di laser che fa orbitare lettere tra pray/prey, preghiera e preda; Hiroyuki Masuyama, che rielabora in light box i dipinti di Turner. Le animazioni digitali di Eelco Brand completano il percorso con paesaggi 3D che rispecchiano stati emotivi interiori.

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

Un’estensione nello spazio urbano

La mostra si diffonde anche nella chiesetta di San Rocco, dove Jacob Hashimoto presenta Ivy, un’installazione di aquiloni sospesi, accompagnata da una bicicletta creata con l’artigiano Dario Pegoretti, qui trasformata in scultura. Sulla facciata interviene Herbert Hamak, che filtra la luce con moduli in resina blu, mentre due sue colonne sono collocate nel parco, variando di intensità con il mutare del giorno.

Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, allestimento, veduta della mostra, Palazzo Oldofredi Tadini Botti – Torre Pallavicina, 2025, foto Michele Alberto Sereni

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