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Addio a Hélène de Franchis: muore la signora dell’arte contemporanea italiana
Arte contemporanea
di redazione
Il mondo dell’arte saluta con commozione Hélène de Franchis, scomparsa all’età di 82 anni: con la fondazione della galleria Studio La Città, nel 1969, ha segnato per oltre 50 anni il panorama culturale nazionale e oltre, trasformando la città scaligera in un crocevia di artisti provenienti da tutto il mondo.
Originaria di Napoli ma veronese d’adozione, Hélène de Franchis ha attraversato con coerenza e indipendenza cinque decenni di trasformazioni artistiche, costruendo una visione curatoriale limpida, aperta e coraggiosa. «Donna colta, elegante, dotata di una indomabile curiosità intellettuale e di un formidabile talento professionale», l’ha ricordata Alberto Battaggia, presidente della rete ArtiVer, da lei co-fondata. «Ha ispirato galleristi, curatori, artisti e cittadini coniugando intuizione e metodo, eleganza e determinazione».
Nel 2012, con un gesto tanto raro quanto eloquente, decise di interrompere la partecipazione alle fiere internazionali, contestandone l’eccessiva deriva mercantilistica a scapito della ricerca artistica. Una scelta che ben rappresenta la sua coerenza e la sua libertà intellettuale. “Entusiasmo, fatica, curiosità”: con queste tre parole amava descrivere il suo lavoro, che ha saputo coniugare passione e rigore, visione e concretezza.
Un’intuizione lunga cinquant’anni
La storia di Studio La Città è anche la storia dell’evoluzione dell’arte contemporanea in Italia. Dalla sua sede originaria nel centro di Verona alla riconversione di spazi industriali negli anni Ottanta, fino all’ampia sede sul Lungadige Galtarossa, la galleria ha saputo sempre rinnovarsi, rimanendo fedele a una linea critica audace e profondamente colta. Nel 1973 la collettiva Iononrappresentonullaiodipingo lanciò alcuni dei protagonisti della Pittura Analitica italiana, tra cui Carlo Battaglia, Giorgio Griffa e Claudio Verna.
Nel tempo, accanto a storici come Lucio Fontana, Piero Dorazio, Mario Schifano e Gianni Colombo, Hélène de Franchis ha accolto nelle sue sale Sol LeWitt, Richard Tuttle, Robert Mangold, aprendo al minimalismo e all’arte concettuale quando erano ancora patrimonio di pochi. Nei decenni successivi ha sostenuto artisti italiani e internazionali come Gabriele Basilico, Lawrence Carroll, Jacob Hashimoto, Luigi Carboni, Stuart Arends, Emil Lukas, lavorando a stretto contatto con loro in un rapporto fatto di reciproca stima e lungo respiro.
Nel 2022, la galleria Piero Atchugarry di Miami le ha dedicato una mostra-omaggio, 50 Years, a Day. Studio La Città, a Story, che ha riunito molte delle voci artistiche che hanno trovato casa grazie alla sua lungimiranza.
Il ricordo della città e della comunità artistica
Alla notizia della sua scomparsa, sono stati in molti a rendere omaggio alla sua figura. Il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, l’ha definita «Una professionista di grandissimo livello, generosa e di straordinaria vitalità intellettuale», sottolineando come la sua galleria sia stata «Un punto di riferimento per chi amava l’arte contemporanea, sapendo che lì era possibile esplorare linguaggi e intuizioni nuove».
Anche l’Accademia di Belle Arti di Verona ha espresso profondo cordoglio: «È stata molto più di una stimata professionista: un’amica generosa, una compagna di strada appassionata e sempre attenta alla crescita culturale delle nuove generazioni. Ha offerto occasioni di incontro che hanno arricchito il percorso di tanti studenti e docenti».
Un’eredità che resta viva
Se oggi Verona è riconosciuta come centro dell’arte contemporanea, lo si deve anche alla tenacia e alla visione di Hélène de Franchis. In anni in cui le gallerie erano ancora saldamente legate a modelli tradizionali, lei seppe osare: aprì alle nuove pratiche artistiche, anticipò i tempi, investì con costanza su giovani talenti. Oltre al lungo elenco di mostre, il suo lascito è rappresentato da un’intera comunità artistica educata alla complessità, alla qualità e al coraggio dell’arte.