Patrick Tuttofuoco, Shape Shifting, 2024. Installation view at PALAZZOIRREALE. Courtesy the artist and PALAZZOIRREALE, ph. credits Flavio Pescatori
Dal 4 all’8 settembre, mentre a Vignale il lavoro di Patrick Tuttofuoco riempiva di luce cremisi una chiesa sconsacrata, per Panorama Monferrato, a Canelli si inaugurava la sua mostra personale per PALAZZOIRREALE. È questo il titolo assunto da un progetto e da un luogo secondo la visione della famiglia Bosca, fondatrice della celebre casa spumantiera attiva dal 1831, che mira a creare un nuovo programma d’arte contemporanea nel territorio collinare della cittadina piemontese. Galassia Tuttofuoco, a cura di Giorgio Galotti – già noto per il suo ruolo in progetti lontani dal circuito tradizionale come Hypermaremma –, vanta un dialogo fra interno ed esterno tale da proiettarsi oltre i confini dell’edificio domestico e produttivo, recentemente riaperto dopo anni di inutilizzo.
Il percorso espositivo inizia dal tetto della vecchia residenza Bosca, sul quale svetta il nuovo lavoro di Patrick Tuttofuoco, Shape Shifting, visibile a distanza lungo il tragitto verso PALAZZOIRREALE. Si è coinvolti nel binomio composto dalle colline e dai corpi che le solcano ogni anno, da anni, durante il periodo della vendemmia e non solo, senza accorgersene. Così come il contatto fra le mani che si toccano nel neon, un gesto gentile che attraversa un cerchio, allo stesso modo non c’è violenza nell’adesione fra opera e paesaggio. Shape Shifting determina il baricentro di tutto l’intervento ideato da Tuttofuoco per sfondare nello spazio pubblico.
I lavori al chiuso, poi, ampliano un discorso che l’artista riesce a evocare chiaramente, riassunto da Galotti nel testo critico: «Quello che Patrick Tuttofuoco (1974, Milano) ha individuato sin dai suoi esordi è esattamente questa relazione invisibile tra il corpo e la mente che unisce la sua poetica a quel rapporto più complesso tra lo spazio e il tempo». Alcuni elementi estetici e oggettuali fungono da frequenze risonanti con Shape Shifting. Awaken (2022) mostra lo stesso cerchio neon dell’installazione, in dimensioni ridotte, ma il profilo delle colline, che si potrebbe scorgere alzandosi alle altitudini del tetto di PALAZZOIRREALE, assumono le sembianze di un volto dormiente, scavato nel metacrilato da una fresa.
Time Capsule (2021) ci lascia specchiare nella superficie metallica su cui sono state stampate braccia che si uniscono in un cerchio, suggerendo un leitmotiv che prosegue anche nella sala successiva, quella della linea di produzione dell’azienda. Braccia e mani intrecciate e scavate nel marmo tramite processi di fresatura interrotti in differenti stadi di finitura, nell’istante colto dall’artista. Le mani che continuano il proprio lavoro nonostante l’avvento della meccanizzazione, così come avviene nella delicata raccolta dell’uva. Le mani abbandonate lungo il corpo durante il sonno, in Senza titolo (2014), rilassate come i volti di chi dorme fuori dal tempo lineare, in Sleepers (Human mind) (2024), nell’atto di una resa vittoriosa.
Alla domanda su cosa abbia trovato nel Monferrato, durante la sua permanenza per PALAZZOIRREALE e Panorama, Patrick Tuttofuoco descrive un tempo diverso da quello che popola i luoghi in cui l’accelerazione ha ormai mutato la realtà in iperrealtà. Ovviamente anche le periferie non sono isolate e risentono del paradigma prevalente, che l’artista non definisce mai in maniera negativa, proponendone uno alternativo attraverso le sue opere. Un tempo più lento, dunque, e uno spazio diverso – sottolinea Tuttofuoco ricordando la loro indissolubilità – che nella sua semplicità è complessissimo da vivere.
Il tempo fluido descritto da Bergson, durata di un’esperienza temporale qualitativa, è quello in cui passato, presente e futuro, possono emergere per la prima volta o riaffiorare per l’ennesima, irrisolti e distorti come la voce dell’artista sotto le volte irregolari dello stabilimento vinicolo.
La Galassia Tuttofuoco a PALAZZOIRREALE palesa le potenzialità del dispositivo mostra di configurarsi come ambiente prediletto per il tempo bergsoniano, nel quale opere tratte da esperienze e intuizioni dislocate nel tempo, in armonia, restituiscono lo Zeitgeist nell’insieme espositivo.
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