La Presidente dello Stato dei rifiuti: intervista a Maria Cristina Finucci

di - 7 Novembre 2022

La nuova installazione dell’artista attivista e capo di Stato, Maria Cristina Finucci, “What about the 8%” è stata inaugurata lo scorso 14 ottobre all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, in occasione della Giornata del Contemporaneo 2022. Ogni giorno, nel mondo, dalle nostre lavatrici, milioni di litri di detersivo si riversano nei mari, ma solo il 92% di questi sono biodegradabili. Con questa installazione, la più recente nella lunga serie del progetto rivoluzionario, “WASTELAND”, l’artista ci pone provocatoriamente di fronte all’interrogativo: “E del restante 8% chi si occupa?”.

credit Stefano Paltera
credit Stefano Paltera

Progettata per il patio della sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles, diretto da Emanuele Amendola, l’istallazione di Maria Cristina Finucci riproduce la superficie marina, dando al visitatore l’impressione di trovarsi in mezzo al mare. Un mare che, grazie a un reagente che colora di luce fosforescente il detersivo, lancia uno straziante grido di aiuto, “HELP”. Abbiamo intervista Maria Cristina Finucci al suo rientro in Italia.

credit Marco Santi Amantini

Come è nata l’idea di questo nuovo grido di allarme?

«È nata da una riflessione che faccio ogni volta che mi capita in mano una bottiglia di sapone. Ci si preoccupa, e giustamente, dei contenitori di plastica dei detersivi, ma del contenuto si parla poco. Sulle confezioni di detersivo per lavatrice più comuni c’è scritto: biodegradabile al 92%. E il restante 8%? Qualcuno si cura di questo 8%? I detersivi, ancora di più della plastica, sono una di quelle sostanze che, una volta disciolte nell’acqua, vanno direttamente in mare e non si vedono.

Con la mia installazione all’Istituto Italiano di Cultura a Los Angeles ho teso sulla testa dei visitatori una superficie che ricrea il pelo dell’acqua, dove sottovuoto ho messo del detersivo colorato con pigmenti fluo. Volevo mostrare come sarebbe il mare se solo si potesse vedere quello che effettivamente c’è dentro di nocivo immesso dall’uomo. Ho deciso di parcellizzare questa superficie usando una miriade di sacchi di plastica trasparente uno accanto all’altro come unità separate per sottolineare come l’egoismo, l’individualismo delle persone, degli Stati, delle aziende siano la causa del disastro ambientale. Questa sgargiante installazione, al buio però rivela una inquietante scritta “HELP” dipinta con vernice fosforescente».

Nel 2013 hai fondato e sei diventata Presidente dello Stato più esteso al mondo: il GARBAGE PATCH STATE, la nazione delle plastiche galleggianti. Un’opera d’arte senza precedenti. Qual è il senso di questo rivoluzionario gesto artistico raccontato ora anche in una monografia edita da Rizzoli?

«Al drammatico problema dell’inquinamento dei mari causato dalla dispersione di detriti di plastica, che è in gran parte non visibile, ho voluto associare un’immagine concreta e tangibile. Ma anche ironica, un po’ surreale e grottesca, che fosse di facile comprensione, leggera per ottenere attenzione da parte del pubblico. Da anni la mia ricerca verte sul tema di rendere visibile quello che invece i nostri sensi non riescono a percepire. Concetti molto astratti, ma in questo caso ho trovato un’applicazione pratica. Quest’opera, iniziata più di dieci anni fa e ancora in corso si chiama “Wasteland”. “Wasteland” è l’insieme delle azioni siano esse installazioni monumentali o piccole azioni come semplici post sui social, apparizioni in TV, articoli come questo; insomma tutto ciò che concorre a formare l’idea del Garbage Patch State. Salvatore Iaconesi, uno dei massimi esperti di questo tema, purtroppo prematuramente scomparso, ha definito “Wasteland” un progetto transmediale secondo i canoni stabiliti da Henry Jenkins».

Secondo te, il mondo dell’arte contemporanea potrebbe fare di più?

«Secondo me adesso è il momento in cui ognuno, con le proprie forze, deve dare il proprio contributo per salvare il pianeta. Gli artisti, proprio perché la loro voce è capace di toccare corde alle quali altri media non hanno accesso, devono impegnarsi per il bene comune».

Parlaci della tua Fondazione…

«Ho costituito la Fondazione Finucci per dare una struttura al Garbage Patch State e per donare borse di studio per la ricerca e per giovani artisti che lavorano su temi della sostenibilità. È una fondazione appena nata e che spero in futuro possa crescere».

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