Varcata la soglia della luminosa galleria Amy-d Arte Spazio, nel cuore di Brera, incuriosisce il rumore fastidioso di una casetta di legno nero-pece, realizzata con materiali di scarto, senza porta e finestre, più simile a una cuccia. Questa capanna si muove autonomamente nello spazio, è capace di repentini giri su se stessa e, azionata dal motorino di una lavatrice trovata in una discarica, intraprende convulsive esplorazioni dello spazio. Il monolite è una replica, in scala minore rispetto a quella grande oltre tre metri presentata in Sicilia, a Barcellona di Gotto, nell’Auditorium San Vito, dove Alessio Barchitta (1991) è nato. Il titolo dell’opera è Errante entropico ma occhio anche alle cornici volutamente massicce e brutaliste, d’impatto scultoreo, in legno recuperato sul posto, che incorniciano le fotografie della casa, riprodotta in due contesti diversi, a Milano e in Sicilia. È struggente la versione della casa ricoperta in telo isotermico sorretta da murali in abete, maestosa nella semioscurità, meditativa, metafisica, di pathos sacrale l’altra, ambientata nell’abside di una chiesa sconsacrata.
Alessio Barchitta, promettente artista pendolare tra Milano e Barcellona di Gotto, affetto dalla sindrome di Ulisse, pluripremiato, selezionato dal Premio Cairo quest’anno, con questa prima mostra personale nella galleria milanese Amy-d, raccoglie sotto il titolo di “Fluid like concrete tough like sand”, a cura di Arianna Baldoni, le investigazioni semiserie su cause ed effetti della società fluida nell’epoca della globalizzazione, in cui è profondamente mutato il concetto di abitare, nel vortice di migrazioni epocali e nomadismi personali. Per il siciliano Barchitta, con barba nera folta, volto autorevole, scultoreo, come i saggi dell’antica Grecia, il tema della casa, concettualmente risolto in una capanna primitiva, quale archetipo del concetto dell’abitare, diventa per estensione metafora dello sradicamento, del nomadismo perenne nella società liquida dei flussi migratori di individui, alla ricerca di una comunità di appartenenza, naufragando nel Mediterraneo è filologico pensarlo.
Data la sua latente sicilitudine, vivendo la condizione di nomade dall’Isola, meta di genti da millenni, solcata dagli Dei e circondata dal mare, da sempre aperta a erranti dell’Africa, del mondo. Il suo codice distintivo dal 2010 è la ricerca e l’uso dei materiali di scarto, trovati nelle discariche, nei luoghi abbandonati, assemblati, modificati, trasfigurati in sempre nuove soluzioni formali inedite e contemporanee.
Di Barchitta sono note la serie di Coordinate, di diverso formato, nella seconda sala della galleria spiccano 4 tondi, strappi in silicone realizzati asportando la superficie stratificata dell’intonaco di costruzioni in stato di abbandono. Sono sculture che sembrano materializzare mappe di navigazioni improbabili per argonauti di ieri e di oggi, dalle nuance cromatiche diafane, gradazioni dl rosa, verde, azzurro e oro che evocano erranze metaforiche.
Kick me, l’opera site-specific realizzata appositamente per questa mostra, è una summa rappresentativa della sua poetica post-poverista, in cui ricerca ossessiva di materiali di scarto, residuali, ironia e leggerezza, lavoro e gioco s’intrecciano in soluzioni formali sorprendenti. Entrerete in un ambiente (2x6metri) di forma ellittica, perimetrato da un tessuto nautico sul quale trovate impresse le immagini notturne di cinque bunker risalenti alla seconda Guerra mondiale. Camminerete su un prato sintetico di un verde brillante, addomesticato con tracce di fieno dall’odore penetrante ed evocativo, sul quale Barchitta ha adagiato otto palloni da calcio creati con piastrelle e materiale edilizio trovati nel letto di un torrente di Messina, oggi diventato discarica abusiva.
Queste sculture, dalle diverse tonalità e sfumature e dai ricercati grafismi pittorici, valorizzano il suo potenziale poetico, ironico di ciò che è giocoso ed effimero, trasudano di un’energia che evade i confini dell’ambiente in cui sono state inserite. E sono incantevolmente belle.
La mostra di Alessio Barchitta da Amy-d Arte Spazio sarà visitabile fino all’1 novembre.
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