L’Aia dei Musei di Avezzano invasa dagli animali del Collettivo Cracking Art

di - 4 Agosto 2021

L’Aia dei Musei di Avezzano, in Abruzzo, è stata invasa dagli animali giganti del Collettivo Cracking Art. “Cracking Art. Sculture a colori”, è il titolo della mostra organizzata come strategia di rilancio della sede espositiva abruzzese che ospita, per la prima volta, dal 9 luglio al 3 ottobre 2021, un evento unico nel suo genere, animandosi di creature del mondo animale singolari per colori ma anche per dimensioni e composizione. Con il patrocinio del Comune di Avezzano, la mostra è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, ed è realizzata dalla Fondazione Cultura e Arte con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia, in collaborazione con l’Aia dei Musei.

Animata da chiocciole e tartarughe, elefanti e conigli, orsi e lupi, l’Aia dei Musei di Avezzano diviene una variopinta Arca di Noè. Animali ai quali l’uomo ha sempre attribuito un potere, carichi di messaggi e che celano, ognuno a modo suo, un forte significato di rigenerazione. Ora, questo potere simbolico legato al tema dell’Arca, non trova molti antecedenti nella storia dell’arte, sebbene vorrei citare e indicare al lettore, almeno un caso che aiuta meglio a chiarire le stesse opere del Collettivo Cracking, Il Diluvio Universale di Filippo Palizzi, commissionatagli dal Re Emanuele II, e premiato con la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1867.

Cracking Art, Sculture a colori, Aia dei Musei, Avezzano, part. dell’Installazione, 9 luglio 2021, courtesy Angelo Marinelli

Ma la novità di certo stava ben oltre le apparenze, Palizzi aveva trattato come non mai il tema da una “situazione” completamente diversa, il momento del ripopolamento degli animali, inteso come visione plurima e collettiva di una natura a cui l’uomo è profondamente legato nel rispetto e nel mantenimento dell’equilibrio universale. Una visione ecologica della Ricreazione? In un certo senso su questa scia gli animali del Cracking sembrano essere a proposito della natura e della necessaria immedesimazione in essa.

Di certo non sono “rappresentati” ma “presentati”, come grosse sculture a metà tra una strategia di guerrilla marketing, una porzione di parco ludico-tematico, una manifestazione di ecosofia. Potremmo vederla così se la pensassimo aderente alla realtà, eppure è un’opera d’arte, nello specifico tipologico un’installazione ambientale, un portare nel luogo concreto un segno concreto. D’altronde il collettivo nasce nel pieno della Postmodernità, che svincola l’arte dal “concetto di limite” debordando continuamente oltre lo specchio, come se il riflesso di Narciso potesse incontrare la mano del Narciso reale. Ma ecco che correre la voce di Eco che ci avverte dell’altra e ulteriore possibilità della mimesi, quella della ridondanza. Ogni animale qui si ripete uguale a sé stesso per ribadire ancora una volta che la sua evidenza materica è ciò cui dobbiamo tenere fortemente presente nel processo di mantenimento del “mondo”.

Cracking, Cave Canem, Cava Burgazzi, settembre 2016, veduta dell’installazione, courtesy C. Cracking

Questi animali richiamano i materiali stessi, perché sono parte del gioco concettuale, anzi proprio l’utilizzo di questi materiali da al gioco concettuale una profondità di pensiero che va verso l’analogia.  L’apparente simbologia favolistica è solo l’esca per l’osservatore, catturato da un’esperienza di dolce infanzia, è messo dinnanzi all’evidenza che l’animale-ricordo è traslucido, freddamente omogeneo al tatto e incapace del calore memoriale del mondo fanciullesco, giacché proprio la plastica di cui è fatto, ci fa urtare nel viaggio, catapultandoci nel reale, in cui essa solitamente non è graziosa, ma una sempre crescente minaccia alla bellezza stessa.

Ma nel caso dell’Aia dei Musei la bellezza è riferibile anche alla storia, alla conservazione della memoria, come nel caso del prosciugamento del Lago Fucino, in cui simbolicamente delle tartarughe sembrano rigenerarsi in una fresca pausa, sostenendo così il peso di ciò che è assente adesso, ma che prima v’era. Ancora dei Lupi, blu come l’acqua, sono disposti in branco a guardia del passato e garanti della sua trasmissione, posti innanzi all’ingresso al Polo che oggi conserva il Museo Lapidario Marsicano. Il branco richiama di certo l’idea dell’agire per il bene comune, come il Collettivo già utilizzò nel 2016 alla Cava Burgazzi di Rezzato (BS), con l’idea proprio di richiamare l’attenzione su l’abbandono della Cava secolare, o come nel caso delle tartarughe d’oro di SOS world nel 2001 alla quarantanovesima Biennale di Venezia.

Ma all’interno di quel branco ve ne era uno di pietra, a richiamare l’idea di solidità e forza che ogni individualità deve garantire nel gruppo, perché sia tale. Operazioni dunque fortemente sociali, quelle del Collettivo Cracking, che “smuovono divertendo” le comunità sempre più disposte a riflettere su una trasformazione ormai evidente del nostro Pianeta, sia in termini ecologici, che culturali.

Cracking, SOS World 2001, la XLIX Biennale di Venezia, 2001, courtesy C. Cracking

Infine il branco è lo stesso anonimato del Collettivo, che con la sua leggera ironia conquista sempre più palcoscenici mondiali. Attualmente hanno istallazioni contemporaneamente a Milwaukee (USA), Lunel (Francia), Chioggia e Trieste, ma in una lunga conversazione telefonica sul loro lavoro, ci hanno tenuto a ribadire l’importanza di essere con le loro opere in questo sito storico-paesaggistico: “Ringraziamo la Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale, e in particolare il suo Presidente, Il Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, per aver fortemente voluto portare le nostre opere all’Aia dei Musei di Avezzano”.

Nato a Firenze nel 1984, è critico d’arte e curatore indipendente. Laurea in Storia e Critica dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. Insegna Storia dell’arte Contemporanea all’ABAN di Nola. Curatore del Progetto Primo Mercato (2017) presso la Galleria Spazio Nea di Napoli, segnalato anche su Il Manifesto e La Repubblica. Collabora attivamente con Francesca Barbi Marinetti presso la D.D’arte s.r.l. di Roma come organizzatore di eventi e come promotore culturale de Futurismo. Ha curato il progetto Linea di Contorno esponendo oltre ad una sezione di artisti emergenti, la collezione Fabio e Leo Cei di Outsider Art, a Salerno nel 2016. È presente con Progetti di curatela presso Setup Contemporary Fair di Bologna, per l’edizione 2017 (Leonarda Cianciulli-La saponificatrice di Correggio, con l’artista Dario Agrimi) e l’edizione 2016 (Dis-Orientarsi, collettiva di 7 artisti campani). Ideatore del programma radiofonico Cattivi Maestri presso l’Unisound dell’Università di Salerno nell 2015; In Albania, Tirana, ha curato la mostra CorpoeCorpi (2015); Sempre in Albania, ha tenuto due Seminari sul Futurismo e sull’intellettuale di tipo nuovo con l’Istituto Italiano di Cultura (2013), segnalato sul Corriere della Sera. È presente nella pubblicazione Al di là della destra e della sinistra (S. Giovannini e R. Guerra a cura di). Ha collaborato come critico d’arte per la Casa Editrice Iemme Edizioni di Napoli. Collabora attivamente per la rivista d’arte Exibart. È Consulente per la sezione “mostre” della Fondazione Plart di Napoli.

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