NICHOLAS HLOBO, Umdaniso Wegongqongqo, 2024. Acrylic, leather, and ribbons on linen and cotton canvas. 100 x 150 cm. courtesy Lehmann Maupin
Da Kim Yun Shin a Kader Attia, passando per Chaterine Opie e Todd Gray fino a Hernan Bas e Nari Ward; questi sono solo alcuni degli artisti esposti da Circolo, fino al 21 giugno, in una selezione di 15 opere che celebra la collaborazione tra Lehmann Maupin e il project space milanese (di cui vi anticipavamo in questo articolo, già a febbraio).
Nata nel 2020, Circolo è una comunità di amanti dell’arte, curatori, collezionisti, artisti emergenti e affermati che attraverso la sua ricerca e i suoi programmi offre ai visitatori la possibilità di interagire con la comunità artistica, conoscere le pratiche dell’arte contemporanea e partecipare al processo creativo. Immaginato da Nicole Saikalis Bay come un incubatore culturale in cui convergono background diversi, ospita un programma di eventi residenze e conferenze, creando un luogo di incontro, relazione e sostegno per gallerie che non hanno sede a Milano, o in Italia, e che permette loro di entrare in contatto con il dinamismo culturale del capoluogo meneghino.
Ed è così che, per la prima volta a Milano, anche Lehmann Maupin entra a far parte degli ospiti di Circolo e lo fa in grande stile, proponendo una meravigliosa selezione di opere di alcuni degli artisti contemporanei più acclamati del panorama internazionale. Ad accoglierci appena entrati troviamo The usher (Hand Signaling) (2024) di Hernan Bas che sembra ammiccare alle due opere di Kim Yun Shun, un olio su tela e una massiccia scultura di legno ad incastro. In modo concettuale, tutte le opere dell’artista nordcoreana a partire dalla fine degli anni ’70 riportano lo stesso titolo, Add Two Add One, Divide Two Divide One. Add e Divide. Riferendosi allo Yin e allo Yang della filosofia cinese, due che sono uno, uno che è due, i lavori di Kim Yun Shun a loro volta esprimono dicotomie multiple e concetti opposti ma strettamente interconnessi; l’artista quest’anno ha esposto per la sua prima volta alla Biennale Arte di Venezia.
Procedendo nella prima grande sala facciamo la conoscenza di Atlantic (Eyo) (2022), un eclettico collage di grandi fotografie incorniciate e sovrapposte realizzato da Todd Gray, in dialogo con una foto dalla serie Windows di Chaterine Opie e con l’iconica e riconoscibilissima scultura di Erwin Wurm Balance of Desire (2021). Suggestiva e spiazzante è invece l’opera Untitled (2019) di Kader Attia, un imponente specchio rettangolare su cui l’artista ha esploso dei colpi di arma da fuoco, lasciando i fori dei proiettili: questa operazione mira a generare nell’osservatore un sentimento di condivisione del dolore provato dalle vittime degli attentati terroristici che hanno colpito l’Europa e in particolare la Francia nei primi decenni del ventunesimo secolo.
Dedicata a Nari Ward, protagonista di una grande personale ad Hangar Bicocca fino al 28 luglio, è una intera sala del project space milanese in cui possiamo ammirare alcune delle sue più recenti installazioni come Restin’ Dream e Shield Wrung (entrambe del 2023). Una delle opere più sorprendenti è sicuramente Vapour (2024) di Loren Beltrán in cui i vari strati di colore, come in un Rothko, si rivelano pian piano all’occhio dell’osservatore che si attarda a guardarli.
In contemporanea, realizzata in occasione della Design Week, è possibile ammirare Don’t Get Too Confortable, una mostra curata da Nicole Saikalis Bay che indaga il rapporto tra arte e design cercando di decostruire la concezione tradizionale che vede queste due realtà come a sé stanti. Sono quindi esposti degli oggetti ibridi e unici come ad esempio Alurgite (2024) di Marco Guazzini, realizzata in un materiale inedito composto da polvere di marmo, collante artificiale e fibra di lana. Visitabile dal martedì al sabato e su appuntamento, la grande collettiva di Lehmann Maupin sarà aperta al pubblico sino al 21 giugno 2024.
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