MAXXI Bulgari Art Prize: la contemporaneità è servita

di - 7 Luglio 2022

Quale sarà il ruolo dell’arte nel prossimo futuro? Questa sembra essere la domanda che sottende alle opere presentate nella terza edizione del MAXXI BULGARI Art Prize, esposte fino al 20 novembre 2022 nella galleria 5 del MAXXI. Una questione urgente e protagonista non dichiarata della competizione, forse la più legata alla stretta contemporaneità degli ultimi anni, che presenta opere ispirate a problematiche incandescenti come postcolonialismo, identità e rapporto tra tecnologia e vita quotidiana. Back to the future quindi, grazie alle opere degli artisti Alessandra Ferrini (1984), Silvia Rosi (1992) e Namsal Siedlecki (1986), selezionati da una giuria composta da curatori di rango come Hou Hanrou, Bartolomeo Pietromarchi, Hoor Al Qasimi, Chiara Parisi e Dirk Snauwaert, senza dimenticare l’eccellente approfondimento di Giulia Ferracci, curatrice del premio e dell’ottimo catalogo pubblicato da Corraini, ricco di contributi interessanti. “Il Premio ci mette dietro allo sguardo dei giovani artisti, lasciandoci intravedere il futuro e forse il modo migliore per affrontarlo” sottolinea la presidente Giovanna Melandri, mentre il CEO di Bulgari Jean-Christophe Babin puntualizza come ”I tre artisti varcano confini per ripensare appartenenze e provenienze in un’ottica di inclusività”.

AlessandraFerrini @ Roberto Luigi Apa, Courtesy Fondazione MAXXI

Quasi ad indicare la linea di ricerca che attraversa come un invisibile fil rouge la mostra, all’ingresso della galleria 5 lo spettatore viene accolto da tre teche, che contengono i materiali utilizzati dagli artisti nella preparazione delle opere, secondo l’antica tecnica giapponese del Kintsugi. La prima installazione, realizzata da Alessandra Ferrini, dichiara fin dal titolo Gaddafi in Rome: Notes for a Film, la sua natura archivistica , giocata sull’analisi di un evento recente: la visita del leader libico Muammar Gheddafi a Roma nel 2009, in occasione della firma del Trattato di amicizia, partenariato e collaborazione tra Italia e Libia. Attraverso lo studio dettagliato dell’evento riportato dal quotidiano La Repubblica, l’artista rivela la difficoltà dell’Italia di metabolizzare il proprio passato coloniale, attraverso un allestimento che unisce la geopolitica alla pratica delle dissezioni nei Teatri Anatomici attivi nelle università dal Medioevo all’Ottocento, per rivelare ambiguità e incomprensioni tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi, presentato dai media italiani come un rais ribelle all’Occidente, senza soffermarsi sulla natura opaca e contraddittoria degli accordi tra i due paesi.

Namsal Siedlecki, Nuovo vuoto (2022), ph.Roberto Luigi Apa, Courtesy Fondazione MAXXI *La scultura modificata da Namsal Siedlecki in “Nuovo vuoto” è un souvenir che riproduce l’opera di Franco Botero, messo in vendita online senza riferimenti e acquistato in maniera casuale dall’artista

Ai processi di rimozione della memoria è legata anche l’opera dell’artista italo-togolese Silvia Rosi Teacher Don’t Teach Me Nonsense, che riflette sulla storia della sua famiglia. Silvia è nata a Scandiano (Reggio Emilia) ma originaria del Togo, e ci propone un lavoro di riappropriazione delle proprie radici linguistiche, legate agli idiomi Ewe e Minà, un tempo parlate tra il Ghana e il Togo, e fortemente represse prima dall’occupazione tedesca e poi francese. I ritratti fotografici di Rosi, vicini all’estetica di artisti africani come Samuel Fosso e Malick Sidibé, evocano una semiologia di ricordi, che lega l’artista alla madre e alla nonna, che vendevano prodotti alimentari al mercato di Lomè, in Togo.

Namsal Siedlecki @ Roberto Luigi Apa, Courtesy Fondazione MAXXI

L’opera Nuovo Vuoto di Namsal Siedlecki si struttura come un percorso fisico e simbolico dedicato al rapporto tra il pieno e il vuoto nella pratica della scultura, che prende le mosse da una mano, acquistata dall’artista online, che viene declinata in sei opere, realizzate da Siedlecki con materiali e forme simboliche diverse, attraverso l’uso di tecnologie robotiche e scansioni 3D. “Penso a queste mani come ad un viaggio che dobbiamo intraprendere. Ripercorrendo gli errori commessi acquistiamo la consapevolezza necessaria per un futuro necessario” spiega l’artista, che in questa sorta di via crucis tecnologica che procede dal passato al futuro, combinando artigianato e digitale, ha utilizzato gesso, cemento, legno, marmo, argilla, polistirolo, poliuretano, vetro, bronzo ed alluminio. Come puntualizza Pietromarchi, “è sorprendente vedere in artisti così giovani una tale consapevolezza, capacità di sintesi e sguardo critico”: tre elementi che caratterizzano una delle edizioni più interessanti del premio, che verrà attribuito dalla giuria in autunno. Che vinca il migliore!

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