Nnena Kalu. Courtesy of the Artist and ActionSpace
L’artista scozzese Nnena Kalu è stata proclamata vincitrice dell’edizione 2025 del Turner Prize, il riconoscimento simbolicamente più potente per l’arte contemporanea britannica. Nata a Glasgow nel 1966 da genitori nigeriani, Kalu è la prima artista learning-disabled a ricevere il prestigioso titolo. Un risultato accolto come un pietra miliare dal direttore di Tate Britain Alex Farquharson, che ha presieduto la giuria.
La nomina di Kalu arriva in un clima complesso per il Turner Prize, tra critiche sul suo presunto declino di rilevanza e un dibattito pubblico che, negli ultimi anni, ne ha spesso messo in discussione il ruolo. Ma la vittoria di Kalu sembra aver rimesso la manifestazione sul binario giusto. Il suo lavoro, esposto nella mostra dedicata al Turner Prize alla Cartwright Hall Art Gallery di Bradford, ha conquistato il pubblico con una presenza fisica e sensoriale: sculture sospese, forme avvolte in corde, nastro adesivo, cellophane e materiali non convenzionali, insieme a disegni che registrano movimenti ripetitivi e vorticosi come tracce di energia pura.
In un commento apparso sul Guardian, il critico Adrian Searle ha scritto che l’arte di Kalu è «Talmente incarnata, sensuale, negoziata attraverso il corpo, da rendere indistinguibile il processo dal risultato», evocando una fisicità creativa che richiama, pur nella diversità radicale, la tensione esistenziale delle figure di Giacometti.
Artista autistica e con capacità verbali limitate, Kalu lavora dal 1999 con l’organizzazione ActionSpace, realtà londinese che sostiene artisti con disabilità intellettive. È in questo contesto che ha sviluppato una pratica radicale, interamente basata sulla gestualità, sulla ripetizione e sulla costruzione di forme che sembrano nascere da un impulso interno più che da una volontà formale. Nel corso dell’ultimo anno, la presenza di Kalu si è consolidata anche nel circuito istituzionale internazionale, con contributi alla mostra Conversations alla Walker Art Gallery di Liverpool e con la serie Hanging Sculpture 1 to 10 esposta a Manifesta 15 a Barcellona.
«Quando Nnena ha iniziato a lavorare con noi nel 1999, il mondo dell’arte non era interessato. Ha affrontato discriminazioni enormi, che persistono ancora oggi. Questo premio rompe finalmente quei pregiudizi. Nnena, hai fatto la storia», così, durante la cerimonia di premiazione, Charlotte Hollinshead, responsabile dello sviluppo artistico di ActionSpace e assistente principale di Kalu, ha ricordato il lungo percorso dell’artista.
La giuria, composta, oltre che da Alex Farquharson, da Andrew Bonacina, Sam Lackey, Priyesh Mistry e Habda Rashid, ha lodato «La traduzione vivace del gesto espressivo» dell’artista, sottolineando la «Finezza di scala, composizione e colore» delle opere, capaci di imporsi nello spazio con una presenza magnetica. È un riconoscimento qualitativo, come ribadito da Farquharson stesso, la vittoria non deriva da un intento programmatico, bensì dalla forza intrinseca delle opere.
La shortlist di quest’anno – che includeva anche Rene Matić, Mohammed Sami e Zadie Xa – era stata elogiata per la sua diversità generazionale e geografica. In molti, nei giorni precedenti alla premiazione, avevano indicato Sami come il probabile vincitore. La scelta finale, invece, porta nel cuore dell’istituzione museale britannica una voce da sempre ai margini, aprendo il premio a una prospettiva più ampia. È un segnale che il Turner Prize, nonostante le critiche e l’emergere di premi sempre più ambiziosi – qui scrivevamo del nuovo Serpentine x FLAG Prize – mantiene ancora la capacità di intercettare ciò che davvero sta cambiando nel presente dell’arte.
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