Opere in scena, installation view, Photo Credits Daniele Molajoli
Nella scenografia liberty del Salone Margherita, le opere di sedici artisti del Novecento e contemporanei, parte della Collezione d’Arte della Banca d’Italia, intessono un dialogo che oltrepassa spazio e tempo, in un gioco di rimandi che riaccende gli ambienti storici del café-chantant romano. La mostra, a cura di Pier Paolo Pancotto, si inserisce in un percorso di ripristino e valorizzazione dell’immobile di proprietà della Banca d’Italia, che negli anni ha visto alternarsi momenti di sovraesposizione mediatica – il Salone ospitava il varietà televisivo Il Bagaglino – a fasi di totale abbandono. Oblio che, come spesso accade, ha giocato un ruolo cruciale nella conservazione della memoria e dell’identità del teatro, impedendo la sua conversione a destinazioni d’uso inappropriate. Ciò ha permesso alla gestione non solo di rilanciare la funzione culturale del luogo, attraverso una programmazione artistica di qualità, ma anche di contribuire alla sua valorizzazione e conservazione nel tempo, grazie a un importante restauro e all’apposizione del vincolo di tutela sull’immobile e sugli arredi in esso contenuti.
L’allestimento della mostra “Opere in Scena” racconta un ambiente vissuto, che non ricerca l’artificio espositivo ma piuttosto la plausibilità di un contesto percorribile, attraversabile, in cui le opere si affacciano come indizi discreti. Tra le opere esposte non si instaura un rapporto di univocità, ma la possibilità di libere associazioni che, pur orientate da accostamenti tematici o formali, non si esauriscono unicamente negli stessi, aprendo a letture inedite. Il gioco di specchi che connette i diversi ambienti rende possibile una percezione simultanea delle opere, in un susseguirsi di rifrazioni e scorci, contribuendo alla definizione di possibili percorsi.
Nella prima sala, allestite su un tavolo parte dell’arredo originale, le opere di Maryla Lednicka – in mostra con un raro pezzo degli anni ’20 – e Namsal Siedlecki indagano i processi di trasformazione della materia a partire dalla metamorfosi alchemica degli elementi naturali. Nello stesso ambiente, le opere di Paolo Canevari e Ferruccio Ferrazzi si confrontano sul tema del paesaggio, mentre l’eco dello sguardo sulla natura riverbera nelle sperimentazioni fotodinamiche di Enrico Prampolini, in dialogo con un dipinto di grandi dimensioni di Alberto di Fabio. Il percorso narrativo si arricchisce aprendosi verso l’immaginario favolistico, dove la figura femminile si evolve da una sospirata assenza verso una graduale affermazione, attraverso le tavole di Liliana Moro, il dipinto di Kati Castellucci e le opere di Carlo Socrate e Marinella Senatore. Ancora i temi del lavoro, del paesaggio urbano e della natura morta si intrecciano nelle opere di Eva Marisaldi, Giulio Turcato, Filippo De Pisis e Nico Vascellari, che conducono verso la fine del percorso espositivo dove l’eco delle ricerche concretiste risuona nella giustapposizione tra due splendidi dipinti di Carla Accardi e Atanasio Soldati.
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